La mia fame è troppo amore


Genere: Narrativa

Autore: Jessie Chaffee

19 Febbraio


Hannah ha lasciato Boston ed è fuggita a Firenze. Ha perso il lavoro dopo l'ennesimo errore, ha allontanato il fidanzato, si è nascosta dalle domande assillanti della sorella, dall'efficienza granitica della madre, dagli sguardi implacabili di chi giudica. Perché Hannah ha smesso di mangiare, da mesi, e prima di scomparire del tutto decide di mettere un oceano tra sé e quella realtà in cui non ha più spazio. Da sola, in Italia, è alla ricerca di un centro, e lo trova nel circolo canottieri di Firenze, un luogo in cui esercitare il suo corpo, riattivarlo e ascoltarlo, concedendogli anche un motivo legittimo per lasciarsi nutrire. Qui Hannah conosce un gruppo di italiani, e tra di loro c'è Luca, discreto e gentile, che senza chiedere nulla inizia a farsi strada nel suo cuore. E mentre comincia a esplorare questo nuovo mondo, fatto del solido silenzio dell'Arno, dei sapori nuovi e variopinti della tavola toscana, delle storie medievali delle tante sante mistiche che praticavano il digiuno come forma di illuminazione, Hannah intraprende anche una battaglia feroce, contro se stessa e la sua "vecchia amica". La allontana per poi tornare ad abbracciarla, in una sfida dolorosa ed estenuante in cui la posta in gioco è il desiderio di vivere. A tratti lirico e incantato, un romanzo di grande intensità intimista, che come pochi racconta da dentro il tormento emotivo e fisico di un disordine alimentare. E l'intrecciarsi di bisogni profondi che scavano nell'identità di una donna, sfidandola a trovare la propria autentica forma.




Salve Confine,
ennesima recensione di un romanzo dal tema importante e delicato che mi ha catturato fino alla fine.
Si tratta di "La mia fame è troppo amore" di Jassie Chaffee, edito Fabbri, che ringrazio per l'invio della copia digitale.

La vita di Hannah va a rotoli. 
Ha perso il suo lavoro in una galleria d'arte di Boston dopo l'ennesimo passo falso, ha rovinato il rapporto col suo fidanzanto e evita la sorella per non sentirsi dire che il suo atteggiamento nei confronti del cibo è in realtà una malattia con un nome ben preciso, terribile e tragico.
Ha bisogno di lasciarsi andare completamente, di scomparire, e decide di assecondare questo suo bisogno fuggendo da Boston per recarsi in un posto lontano, dove nessuno può raggiungerla.
Decide per l'Italia, precisamente Firenze, dove comincia a vagare per le strade deserte a causa della calura estiva, dove comincia a respirare la città e il suo lento movimento, fino ad ambientarsi e a entrare in sintonia con se stessa, soprattutto quando decide di entrare a far parte del circolo dei canottieri, dove incontra un gruppo di persone che, ben presto, entreranno a far parte della sua vita.
Lì Hannah pensa di aver trovato il suo posto, spendendo il tempo allenando il suo fragile corpo, nutrendo la sua anima, entrando in contatto con la gente e trovando di nuovo l'amore.
Firenze e tutto ciò che ha trovato in essa sembra essere diventata la sua medicina. Hannah riabilita se stessa e la sua anima, trova anche un lavoro e il suo posto nel mondo, libera dalle spire di quel serpente che è l'anoressia, che le stava togliendo la vita.
Ma fuggire dai problemi ti da solo l'illusione di essertene liberata e ben presto il serpente torna a sibilare al suo orecchio e a stringerla nuovamente in un abbraccio conosciuto e familiare a cui è facile abbandonarsi.

Romanzo profondo e introspettivo, dove il tema dei disordini alimentari è trattato con delicatezza e grande conoscenza.
La scrittrice ha saputo affrontare egregiamente l'argomento tanto che è risultato palese che dietro a tutto ci fosse uno studio approfondito della malattia.
Il suo stile è elegante e introspettivo. 
Il ritmo è altalenante, ma non disturba la lettura che risulta godibile e interessante.
I personaggi sono psicologicamente ben delineati e si riesce facilmente ad immedesimarsi con il lavorio mentale della protagonista.
Io sono entrata in piena sintonia con Hannah, vivendo con lei l'angoscia, la sofferenza e la solitudine, ma anche la speranza di una ripresa.
Il fatto di non riuscire a capire fino alla fine se Hannah sia destinata a vincere contro la malattia e contro la parte oscura di se stessa, tiene il lettore, o quanto meno me, incollato alle pagine. 
Sebbene non abbia mai sofferto di disturbi alimentari, sono riuscita a capire Hannah e il suo disagio intimo e personale e questo è un punto a favore dell'autrice.
Hannah all'inizio non riesce a vedere nella sua eccessiva magrezza, nel suo controllo eccesivo dell'alimentazione, nella sua abitudine di indursi a vomitare, qualcosa che non va, per lei è normale, logico.
Quando riesce finalmente a capire, a prendere coscienza, reagisce con prontezza e tenta di cambiare il corso della sua vita, ma il lettore lo sente che la convinzione non è forte, che i tentennamenti persistono e vengono mascherati.
Molto bello ho trovato l inserimento dell'elemento religioso vissuto come una ricerca. La protagonista comincia a studiare la vita delle sante, di quelle misitiche che digiunavano per raggiungere l'illuminazione divina.
Sono stata veramente contenta di aver scelto di leggere questo romanzo a cui molti non avrebbero dato una chance e lo consiglio fortemente se avete bisogno di una lettura introspettiva che lascia il segno.
Buona lettura.

Voto: 4 



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