Il Libro delle Meraviglie e altre fantasmagorie


Genere: Fantasy

Autore: Lord Dunsany

30 Giugno 

Due romanzi (La Figlia del Re degli Elfi e La maledizione del veggente) e due raccolte di racconti (Il Libro delle Meraviglie e Demoni, uomini e dèi), arricchiti da eleganti illustrazioni: questo volume permette di riscoprire un autore fantastico poco noto ma di grande suggestione, che lo stesso Lovecraft descrisse come «insuperabile nella magia di una prosa cristallina e musicale e nella creazione di mondi sgargianti e fantastici di iridescenti visioni esotiche».



Salve lettori!
Il 30 giugno è uscito “Il Libro delle Meraviglie e altre fantasmagorie” di Lord Dunsany, ossia Edward John Moreton Drax Plunkett, VXIII barone Dunsany. Morto nel 1957, è stato uno scrittore irlandese famoso per le sue opere fantastiche che hanno ispirato autori più noti come H. P. Lovecraft, Jorge Luis Borges, Ursula K. Le Guin.
Insomma, è considerato uno dei fondatori del genere fantasy eppure non ne avevo mai sentito parlare, per questo ho approfittato subito dell’uscita del drago Oscar Vault per conoscerlo.
Per l’evento ho letto “La figlia del re degli elfi”, una delle opere più famose dell’autore, la storia di un matrimonio sfortunato tra un umano e una principessa elfo, una favola che insegue il lieto fine.

“Dalla foresta, con gli splendenti portali spalancati verso i prati e le finestre di un turchino più intenso del colore del cielo nelle nostre notti d’estate, come se fosse stato costruito con la luce delle stelle, brillava quel palazzo del quale si può soltanto cantare nelle ballate poetiche.”

La valle di Erl è abitata da tempo ma non è mai comparsa nei libri, nelle ballate, nelle leggende. Nessuno la conosce e agli uomini del consiglio, che si riuniscono nella fucina di Narl a bere idromele di nettare di trifoglio, questo non va a genio, vogliono essere ricordati anche loro.
E cosa è meglio della magia per restare impressi nella storia?
Per questo motivo informano il signore di Erl di volere un mago come sovrano.
L’uomo ascolta la loro richiesta e, nonostante sappia che il popolo non è pronto alla magia, chiama il figlio Alveric e gli affida una missione: raggiungere Elflandia, trovare e portare con sé la leggendaria Lirazel, la figlia del re degli elfi.
Così Alveric inizia il suo viaggio verso est, dove le terre conosciute incontrano la barriera di Elflandia, dove le case sono rivolte verso ovest e dove gli uomini non puntano mai lo sguardo verso oriente.
Dal cammino di Alveric prende forma il futuro della valle di Erl, ci vorranno anni prima che i desideri dei suoi abitanti possano realizzarsi, ma saranno disposti ad accettarne le conseguenze quando sarà il momento?

“L’impossibile confina con il riso, e per lei era soltanto desiderio di piangere. Impossibile? Che cosa è impossibile, quando si ha a che fare con la magia?”

Lettori, “La figlia del re degli elfi” è una favola drammatica, la storia di due amanti troppo diversi il cui amore supera ogni barriera, ma dietro di sé lascia una scia di abbandono e apparente pazzia.
All’inizio, il fulcro è il viaggio di Alveric e il suo incontro con Lirazel; l’attenzione è puntata sulla barriera del crepuscolo e sul magnifico castello del re degli elfi che può essere descritto solo nelle ballate poetiche.
Tutto ciò che ha a che fare con il mondo magico è difficile da descrivere se non dai grandi poeti e artisti sensibili, ma l’autore tenta comunque di farci immaginare questo mondo incantato in cui il tempo non scorre come nel nostro mondo, anzi è un’entità che non conosciamo affatto.
Il racconto è fatto per lo più di descrizioni ricche di metafore estremamente evocative; colori, gemme preziose, il passaggio delle stagioni, vengono usati per farci immaginare la meraviglia che è questo luogo indescrivibile, per avvicinarlo un po’ al mondo terreno e permettere a tutti gli uomini, anche i più diffidenti, di sognarlo.
Poi, per un po’, torniamo nelle terre conosciute, ma il richiamo di Elflandia è sempre lì in sottofondo, che si batte con il fascino dei cambiamenti della valle, ma quale dei due vincerà: il sogno o la realtà?
La risposta non è scontata come potrebbe sembrare, la storia segue il suo percorso, perfettamente in linea con la visione del fantastico dell’epoca.

“La meraviglia, la bellezza, la storia di Elflandia sono per le menti che si appassionano a cose del genere, ma gli abitanti delle terre di frontiera sono preoccupati per i raccolti, per gli animali che non sono favolosi, per le siepi e un migliaio di altre cose e, a stento, alla fine dell’anno, riescono a vincere la loro battaglia contro l’inverno, e sanno benissimo che se permettessero, anche per un momento, a un pensiero di volgersi verso Elflandia, lo splendore delle terre fatate li affascinerebbe subito e manderebbe all’aria tutte le altre preoccupazioni, e non avrebbero più tempo per accudire ai raccolti, alle siepi, o per arare i campi.”

Ho adorato lo stile narrativo estremamente suggestivo.
Ci sono alcune frasi che l’autore ripete spesso, piccoli dettagli che vengono ripresi continuamente, come se fossero parte di una filastrocca e che definiscono l’atmosfera, che è fantastica, surreale, movimentata quando siamo nelle terre conosciute e il tempo scorre come sappiamo bene, e quasi sonnolenta oltre la barriera dove il sole non sorge mai, i fiori non appassiscono e la vita non scorre. Dove l’attenzione è rivolta al castello che può essere descritto solo nelle ballate e sul re che vive al suo interno, i cui passi lenti e millenari rimbombano per tutto il regno, i cui gesti repentini del braccio destro sconvolgono un mondo altrimenti fisso e immutato.
Insomma, Lord Dunsany è stata una bella scoperta.
Mi ha fatto molto piacere leggerlo e sono curiosa di scoprire anche il resto delle sue storie, magari con la bellissima edizione cartacea della Oscar Vault, con quelle magnifiche illustrazioni di cui ho potuto avere solo un assaggio!
Baci
 


Voto racconto - 4

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