I capolavori delle impareggiabili penne sororali: Cime tempestose-Jane Eyre-Agnes Grey


Genere: Letteratura classica

Autore: Anne Brontë, Charlotte Brontë, Emily Brontë

25 agosto

Da Cime Tempestose, a Jane Eyre, passando per Agnes Grey, fino ai meno noti L'angelo della tempesta, La Signora di Wildfell Hall e Shirley, le tre sorelle Bronte ci hanno lasciato romanzi immortali, capolavori della narrativa ottocentesca pieni di pathos e emozione, ciascuna con la propria voce. A questi romanzi si aggiungono i sublimi versi nei quali rivive tutto il fascino della natura selvaggia delle brughiere dello Yorkshire, tra distese d'erica, roccia e foschia. Questo volume offre l'occasione per riscoprire tre voci femminili originalissime nel panorama letterario, tra incanto, disperazione, e il desiderio insopprimibile di affermare la propria identità.

10 curiosità sul romanzo e la sua autrice

1. NON è un romanzo d’amore
 
La maggior parte dei lettori si approccia a “Cime tempestose” sicuro che sia una storia d’amore e non c’è niente di più sbagliato. Quest’idea potrebbe derivare dal fatto che il romanzo più famoso di una delle tre sorelle (“Jane Eyre” di Charlotte Brontë) abbia come uno dei temi centrali la passionale storia d’amore tra Jane e Mr Rochester e quindi, associandoli, si sia erroneamente diffusa la convinzione che tutti i romanzi delle sorelle Brontë siano romanzi d’amore. In realtà la relazione tra Catherine e Heathcliff rasenta più l’ossessione, il tormento e la vendetta, che un sentimento puro come l’amore. Inoltre la loro relazione occupa solo la prima parte del romanzo, mentre la seconda narra cosa succede dopo la morte della donna.

2. Auto-pubblicazione
 
A differenza della sorella Charlotte con “Jane Eyre”, che venne pubblicato da un editore tradizionale, Emily e Anne dovettero auto-pubblicarsi. Dopo che i loro lavori vennero rifiutati, pagarono 50 sterline per pubblicare “Cime tempestose” e “Agnes Grey” nello stesso volume.

3. Gli pseudonimi
 
Prima di pubblicare i loro romanzi, le tre sorelle scrissero una raccolta di poesie (Poems by Ellis, Acton and Currer Bell) in cui si firmarono con gli pseudonimi Ellis per Emily, Acton per Anne e Currer per Charlotte, che potevano adattarsi sia ad un uomo che ad una donna. All’epoca le donne scrittrici non venivano considerate allo stesso livello degli uomini, perciò le sorelle decisero di usare gli pseudonimi anche per i loro romanzi, cosa che successivamente provocò confusione negli studiosi, che attribuirono a Charlotte anche “Cime tempestose”.

4. Secondo romanzo
 
Una lettera di risposta scritta dall’uomo che pubblicò il romanzo di Emily fa presupporre che la scrittrice avesse intenzione di scrivere un secondo romanzo. La lettera è del 1848, l’anno dopo la pubblicazione di “Cime tempestose”. L’editore era disposto a pubblicare anche il secondo lavoro della scrittrice che considerava un uomo (anche nella corrispondenza si firmava Ellis), ma le consigliò di non affrettarsi e di lasciarlo andare solo quando ne sarebbe stata completamente soddisfatta e quando si fosse stabilita come romanziere di successo, per evitare che la critica insinuasse che avesse sfruttato l’onda del primo romanzo. Purtroppo Emily morì quello stesso anno.

5. La critica
 
A proposito della critica, “Cime tempestose” mise in difficoltà parecchi lettori. C’era chi lo stroncava senza ripensamenti, scioccato dalla violenza, la mancanza di morale e di timore di Dio di alcuni personaggi. Addirittura il Graham's Lady Magazine (un periodico del XIX sec) scrisse che era un mistero come un essere umano potesse leggere più di qualche capitolo senza suicidarsi e lo definì un “insieme di volgare depravazione e orrori innaturali”. Altri erano leggermente più inclini a dargli una possibilità. Reputavano la struttura originale e moderna, il romanzo “stranamente originale” e capivano, più o meno, quale fosse l’intento dell’autrice, nonostante fosse confusionario e sconcertante.

6. Emily e il suo fallimento
 
“Cime tempestose” venne pubblicato nel dicembre 1847 ed Emily morì nel dicembre 1848 di tubercolosi. Le uniche critiche che lesse sul suo libro furono quelle negative, quindi morì pensando che il suo unico lavoro fosse un fallimento, inconsapevole che sarebbe diventato un capolavoro della letteratura.

7. Charlotte risponde
 
Dopo la morte di Emily un anno dopo la pubblicazione del suo unico romanzo e le critiche mosse, la sorella Charlotte sentì il bisogno di spiegare, giustificare in qualche modo, il lavoro della sorella e come abbia fatto una donna della brughiera a parlare in modo così brutale di passioni brucianti e vendetta e a creare personaggi amorali e violenti. La prima motivazione per spiegare come mai il romanzo non sia stato apprezzato fu il fatto che “gli estranei” (come li definisce Charlotte) non conoscevano l’autrice, il paesaggio, gli abitanti, i costumi della brughiera perciò ai loro occhi era tutto rustico, selvatico, “moorish”. Per quanto riguarda i personaggi, Charlotte spiega che Emily non aveva un’esperienza diretta del carattere umano perché era sempre in casa se non per le passeggiate sulle colline o per andare in chiesa, quindi la sua fantasia “che era più fosca che solare, più vigorosa che giocosa” era fissa sulle tragedie e le cattiverie che giungevano in casa attraverso i pettegolezzi. Infine, Charlotte disse “[…] lo scrittore che ha avuto in dono tale forza creativa possiede qualcosa di cui non è sempre padrone, qualcosa che a volte, fatto inspiegabile, vuole e agisce indipendentemente. […] Quanto a voi, che di nome ne siete l’artista, la vostra parte in essa sarà stata quella di lavorare passivamente sotto dettami che non avete né pronunciato né potuto mettere in questione; che non potevano essere pronunciati per vostra preghiera né essere soppressi o mutati a vostro capriccio.” In queste poche frasi, involontariamente, Charlotte ha sminuito il lavoro e il talento della sorella, scaricando le pecche del libro su una forza creativa sovrannaturale e incontrollabile che ha preso possesso di Emily.

8. Straniamento e claustrofobia

Il romanzo narra eventi svoltisi nel corso di 30 anni ambientati tutti nello stesso luogo, la brughiera, Wuthering Heights e Thrushcross Grange. Non c’è alcun legame con il mondo al di fuori se non quello rappresentato da Mr Lockwood, flebile e momentaneo poiché veniamo subitamente risucchiati dal racconto di Nelly e quindi su quelle colline aspre e appesantite dalla nebbia. Anche la struttura del romanzo, che diventa un racconto del racconto, raramente spezzato (e quando accade succede all’improvviso e brevemente) non permette al lettore di respirare una nuova aria, tenendolo rinchiuso in una terra estranea e inclemente.

9. Heathcliff – Linton – Earnshaw

Probabilmente in molti, leggendo “Cime tempestose” per la prima volta, hanno avuto bisogno di fare una lista dei vari personaggi che incontravano e il legame familiare che intercorreva con i precedenti, questo perché Emily, forse per rendere ancora più forte e inscindibile il legame tra questi, ha riutilizzato sempre gli stessi nomi: Earnshaw, Linton e Heatcliff, che si possono trovare sia come cognomi che come nomi propri.

10. Da dove viene Heathcliff?

Ma il mistero più grande del romanzo è, in ogni caso, Heathcliff.
Ci si chiede da dove venga ma anche come si sia arricchito.
Il bambino viene portato a Wuthering Heights da Mr Earnshaw (il padre di Catherine), che l’aveva trovato “affamato, derelitto e quasi senza favella, per le vie di Liverpool; l’aveva raccolto e aveva domandato di chi fosse. Non un’anima che sapesse a chi appartenesse”. Viene posta spesso l’attenzione sui suoi colori scuri: capelli, occhi, volto. Inoltre le sue maniere grezze e brusche e le passioni così travolgenti e violente, all’epoca venivano associate ai coloni che, secondo l’opinione del tempo, non ricevendo la stessa educazione degli inglesi non imparavano a controllare le proprie emozioni ma vivevano intensamente. Ulteriori domande affliggono il lettore quando Heathcliff torna dopo alcuni anni di lontananza: dov’è stato? Cosa ha fatto in quegli anni? Come si è arricchito?
Ma nemmeno Nelly, l’unica con cui Heathcliff parlava apertamente, sa come abbia fatto a plasmare il destino a suo favore. 



Salve lettori!
In occasione dell’uscita del drago Oscar Vault, “I capolavori delle impareggiabili penne sororali: Cime tempestose-Jane Eyre-Agnes Grey”, oggi 4 agosto, in questa recensione vi parlo di un classico della letteratura inglese, un capolavoro indimenticabile firmato da una delle tre sorelle, che hanno fatto la storia della letteratura: “Cime tempestose” di Emily Brontë.
Non ho mai recensito un classico, li studio, li amo, ne ricavo tanto, ma non li ho mai recensiti, per questo sono abbastanza intimorita di scrivere il mio parere.
Ma, come si suol dire, forza e coraggio e trasferiamoci per un po’ nella brughiera aspra e inclemente.

Mr Lockwood è un giovane di Londra che prende in affitto per un anno una tenuta nella brughiera. È arrivato per lui quel momento della vita in cui cerca la solitudine, luoghi isolati e tempo inclemente, per stimolare momenti di riflessione.
Ma prima, fa visita al suo fittavolo a Wuthering Heights, Mr Heathcliff, nella cui casa viene accolto con maleducazione, rabbia e risentimento.
Mr Heathcliff è un uomo grosso e scuro, d’aspetto e di carattere ruvido, pungente, diretto in una maniera che mette a disagio. E la sua presenza in casa non viene certo alleggerita dal resto dei componenti: una bellissima giovane dai capelli biondi dal comportamento sgradevole e altezzoso; un giovane rozzo e analfabeta; un vecchio risentito e sgradevole.
Mr Lockwood, così privo di distrazioni e piaceri e costretto in casa dall’influenza, trova in Mrs Nelly Dean l’interlocutrice perfetta e la fonte di informazioni più accreditata per scoprire il mistero che è il padrone di Wuthering Heights.
Inizia così un racconto estremamente dettagliato che ripercorre un arco di 30/40 anni, che ha inizio con l’atto caritatevole di un padre di famiglia, il quale segna drammaticamente il destino di due famiglie.
Con un raffreddore e nessun desiderio di restare solo, per Mr Lockwood inizia il racconto di una delle storie della letteratura inglese più emozionante, drammatica e sofferta.

Già quando lo lessi la prima volta (al secondo o terzo anno di liceo) e di nuovo ora, la cosa che mi ha colpito di più del libro è stata la narrazione: un continuo racconto che ha luogo nel giro di qualche giorno, che non viene mai interrotto, se non quando chi l’ha riportato, Mr Lockwood, l’unico personaggio esterno alla storia che viene narrata, si ferma per aggiornarci della sua situazione e delle rimostranze di Mrs Dean.
Pensandoci dopo averlo finito si ha l’impressione che la lettura sarebbe dovuta essere molto più pesante, insomma è un lungo racconto che ripercorre più di trent’anni, invece il libro scorre come un fiume in piena, impossibile da mettere giù, totalizzante in ogni sua pagina.
Sarà la storia tormentata che viene raccontata, così sfaccettata, crudele, aspra, come il panorama in cui è ambientata.

Avete mai sentito dire che quando si rilegge un classico lo si fa sempre con occhi nuovi?
Ecco, rileggendo “Cime tempestose” io ho guadagnato sicuramente una visione meno romantica del romanzo e della storia d’amore.
L’amore presente in questo libro è potente, forte, indistruttibile, ma oscuro, una maledizione, un tormento eterno che non lascia liberi nemmeno dopo la morte, che pervade l’animo e lo rende prigioniero anche nell’oltretomba.
È un amore vendicativo, dispettoso, egoista, estenuante, che ha alimentato più vendette e risentimenti che momenti di gioia.
È un amore che trascina il lettore addolorandolo, stravolgendolo, in pena per quei personaggi che non hanno avuto altra scelta se non soccombere ad esso.
Anche i personaggi si pongono sotto una luce differente, non tanto Catherine e Heathcliff, antieroi che non si possono giustificare, che a causa del loro egoismo e della loro insoddisfazione hanno condannato anche i loro discendenti all’infelicità e al dolore, ma per cui si prova comunque una grande pena alla fine di tutto.
Parlo di personaggi come Nelly, matura, realista, sarcastica, a tratti cinica, ma sempre fedele e intenzionata a fare del bene; come Hareton Earnshaw, l’unica vera vittima di questo amore maledetto, colui che rischiava di perdere anche la dignità se non fosse stato per una forza d’animo e una bontà innate; e a tratti anche Cathy, in fin dei conti una ragazza sola alla ricerca dell’amore che il padre non le aveva mai fatto mancare.
Inutile discorrere della scrittura di Emily Brontë, autrice di quest’unico romanzo, in cui però ha riversato tutta la sua vita e le sue sofferenze, il suo dolore, le sue passioni, l’amore per la brughiera, la poesia. Le descrizioni dei paesaggi che fanno da sfondo alla storia sono estremamente dettagliate; gli alberi, i fiori, il freddo e la nebbia, sembra di sentire l’umidità caderci addosso e costringere anche noi a letto, trattenuti dall’incantesimo scaturito dalle parole che si stanno leggendo.
I discorsi di Catherine e di Heathcliff sul loro amore sono leggenda ormai, così veri e sofferti, rimbombano nell’anima del lettore potenti e indimenticabili.

Insomma lettori, mi sembra quasi inutile consigliarvi di leggere questo classico, prima o poi, nella vita, bisogna per forza fronteggiare questi romanzi che spesso si credono al di sopra della nostra portata, bisogna lasciarli entrare nella nostra mente e nel nostro cuore e permettergli di affidarci i loro insegnamenti più profondi.
Non si è mai poco colti o troppo intelligenti per leggere un classico, questo tipo di romanzi hanno la capacità di parlare ad ogni lettore in modo diverso e di aprire porte inimmaginabili.
Un ultimo plauso all’edizione meravigliosa, mi ha lasciata davvero senza parole!
Baci

Voto libro - 5


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