Appunti per me stessa
Genere: Narrativa
Autrice: Emilie Pine
febbraio 2021
Sei confessioni in un'unica voce, la cui gioia liberatoria affiora, in filigrana, dalla trama delle parole. Con questo libro che le è valso il prestigioso Irish Book Award, Emilie Pine scosta il velo dallo specchio, si guarda, e si racconta con la forza di chi ha deciso di indagare se stessa infischiandosene dell'approvazione altrui. Dalle difficoltà relazionali con un padre amato e odiato, all'esperienza cruda dell'infertilità, alla fame imposta al proprio corpo di adolescente, fino al corpo, ancora lui, violato dalla prepotenza degli uomini: in queste pagine non trovate sguardi accomodanti ma parole come frecce imbevute di onestà e fierezza. Scava con foga, Emilie, nei ricordi. E dagli angoli bui della clandestinità emotiva ecco venire alla luce un autoritratto schietto e tagliente, una voce pronta a dettare le sue regole, figlie di una storia personale ma in cui ogni donna potrà riconoscere una caduta, o una vittoria, comunque la stessa, appassionata strada percorsa.
Ciao Lettori,
ho avuto la possibilità di leggere il nuovo libro di Emilie Pine "Appunti per me stessa", pubblicato in Italia dalla Rizzoli che ringrazio per la copia recensione.
Come si può intuire dal bellissimo titolo, "Appunti per me stessa" è un libro autobiografico in cui questa scrittrice decide di metterci a parte non solo di alcuni degli eventi più significativi della sua vita, ma anche delle emozioni provate mentre li viveva e quelle provate anni dopo, aiutata dalla scrittura. E questo racconto, questo buttare giù le parole, non è per noi che leggiamo, a nostro beneficio, ma a beneficio prima di tutto di se stessa.
"Scrivo tutto questo ora per rivendicare quelle parti di me che per così tanto tempo ho completamente negato. Scrivo per spezzare il codice del silenzio che ho rispettato per tanti anni. Scrivo in modo da poter finalmente essere presente nella mia vita. Scrivo perché è la cosa più potente che riesco a pensare di fare."
Le sue parole arrivano dritte alla coscienza. Non è una lettura facile o leggera: per i temi trattati, per i sostantivi scelti, per la crudezza con cui racconta e si racconta. Mentre leggevo, più volte mi sono ritrovata a pensare "mamma mia cos'ha scritto", perché non indora la pillola, la coltellata arriva dritta e dolorosa. Nonostante siano solo 190 pagine, le ho lette con lentezza, prendendomi una pausa dopo ogni capitolo, prima assaporando e poi assimilando il suo flusso di coscienza.
La Pine divide in capitoli autoconclusivi la sua vita. Non c'è ordine cronologico, non c'è un filo conduttore tra un capitolo e l'altro se non che si tratta della medesima vita, della medesima protagonista; parlavo prima di flusso di coscienza perché è proprio questo, un libro psicologico e introspettivo come non ne leggevo da anni.
Immaginate che ad un certo punto del racconto, la scrittrice ci chiede una pausa... si rivolge al lettore e gli chiede di portare pazienza, perché ciò che ha scritto fino a quel momento l'ha provato e ha bisogno di una pausa sigaretta per poter raccogliere le idee e proseguire quel capitolo della sua vita che le è così difficile raccontare.
Il libro inizia con la descrizione della malattia del padre, ricoverato d'urgenza per complicazioni dovute al suo alcolismo. Lui a Cipro, lei e sua sorella in Irlanda. Lo spavento, la corsa per raggiungerlo in un altro Paese, il ricovere in un ospedale che, più che in un Pease europeo moderno, sembrava quasi un ambulatorio africano di sopravvivenza. Lo smarrimento, l'isolamento linguistico, il disagio di dover accudire il padre lasciato nei suoi stessi fluidi dal momento del ricovero fino al loro arrivo, senza materiale igienico, senza cibo... L'egoismo di quest'uomo che pensa solo a se stesso, odiato ma amato profondamente.
Prosegue con la narrazione della loro infanzia, sua e di sua sorella, bambine in una famiglia di genitori separati in un paese ultracattolico, dove il divorzio non era riconosciuto. Povere, abbandonate alla sola forza della madre, perché il non riconoscimento del divorzio porta anche al non riconoscimento dei diritti, di moglie (marito) e figli, ad essere sostenuti economicamente.
La rabbia, l'isolamento di una ragazzina che si perde perché non riesce a gridare aiuto, a denunciare il suo naturale e del tutto dovuto desiderio di affetto e tenerezza.
"Non avere un linguaggio o una voce per spiegare cos'è che mi faceva sentire così sola era disastroso. E dal momento che nessuno usava certe parole (sentirsi sola, n.d.r), o interveniva per aiutarmi a pronunciarle, il silenzio era completo."
Il dolore, la tristezza, lo svilimento dell'incapacità di poter avere figli, il suo corpo, il suo essere donna, il maschilismo e sessismo subito nella vita e sul lavoro, perché non riconsciamo il nostro valore e siamo complici con gli uomini quando ci sviliscono, quando ci umiliano.
Questo libro è un manifesto, il manifesto di una donna con le sue sofferenze, ma anche con i suoi traguardi, i suoi successi, la decisione di scrivere come processo catartico, di consapevolezza finalmente raggiunta.
Mi è piaciuto molto leggere di Emilie Pine, della sua vita così piena di dolore ma anche di forza, di resilienza. E mi è piaciuto ancora di più quando ho visto che è il suo primo romanzo letterario: in quanto professoressa di drammaturgia moderna a Dublino ha scritto molto, ma sempre libri "tecnici", non ha scritto altri romanzi e questo esordio è bellissimo.
voto libro - 4,5
0 comments