Zucchero bruciato
Genere: Narrativa
Autore: Avni Doshi
Dal 2 Maggio
Tara è sempre stata una ribelle, contro tutto e tutti. Costretta a un matrimonio di convenienza, è scappata di casa, si è presa diversi amanti, ha vissuto a lungo insieme con un guru e si è persino ridotta a fare la mendicante. In tutto ciò, sua figlia Antara, per lei, è sempre stata un peso, una valigia da portarsi appresso e poco più. Però il tempo della ribellione di Tara adesso è finito; ha quasi sessant'anni e l'Alzheimer la sta consumando, a poco a poco ma inesorabilmente: lascia il fornello acceso per tutta la notte, dimentica le incombenze quotidiane, si ostina a telefonare ad amici morti da tempo. E non ricorda più i piccoli e grandi gesti crudeli nei confronti della figlia, che sono invece marchiati a fuoco nella memoria di Antara. Eppure, nonostante tutto, Antara si sente in dovere di occuparsi di quella madre che non si è mai presa cura di lei. E così, mentre la convivenza forzata la induce a ripercorrere le pagine più dolorose del suo passato, cerca di sbrogliare la matassa di tradimenti, riconciliazioni e rotture, e di sciogliere una volta per tutte il nodo di quel legame che ha forgiato il suo cammino, ma che adesso rischia di soffocarla. Con una prosa lucida e affilata come la lama di un rasoio, Avni Doshi scava tra le pieghe di quel rapporto unico che lega una madre e una figlia, mettendone in luce la complessità e le contraddizioni, ma anche tutta la forza e l'amore che lo contraddistingue.
Ciao a tutti, cari lettori e lettrici!
Sono qui per parlarvi di un romanzo che mi ha travolta e affascinata come poche volte succede, un romanzo potente e malinconico, ovvero “Zucchero bruciato” dell’autrice Avni Doshi.
Il romanzo è ambientato in India, a Pune, e il tema centrale è un rapporto tra madre e figlia disturbante e morboso, un odio e amore continuo e asfissiante: da un lato c’è la necessità di capirsi, riavvicinarsi, dall’altra invece c’è la necessità di fuggire e sfilarsi di dosso ogni dolore come un vecchio vestito troppo stretto e appiccicoso.
Una madre assente e da sempre ribelle, Tara, che ha sempre visto sua figlia come un prolungamento di sé stessa, una sua proprietà, chiamandola addirittura Antara, un nome molto simile al suo, come a voler marchiarla con la sua impronta, segnarla più di quanto possa già fare una madre.
Antara, trascurata e ferita, si ritroverà a prendersi cura di Tara malata d’Alzheimer, l’accudirà come avrebbe dovuto fare la madre con lei durante la sua infanzia, in quanto essendo figlia unica è il suo dovere, ma come ci si può prendere cura di una madre così egoista, distaccata e disamorata?
“Mentirei se dicessi di non aver mai gioito dell’infelicità di mia madre.
Da bambina ho sofferto per colpa sua e qualunque pena lei abbia sopportato in seguito mi è parsa una sorta di redenzione: un ribilanciamento dell’universo, un modo per ripristinare il giusto ordine tra causa ed effetto.”
Antara, ormai sposata con Dilip, vive una vita agiata, è un’artista affermata e cerca di ricostruire la memoria di Tara con l’aiuto di piccoli foglietti che lascia in giro per casa, con parole chiave che possano aiutarla a riavvolgere il nastro degli eventi del passato e ricostruire la sua vita. I medici non forniscono una diagnosi chiara ed è così che man mano si ritroverà a convivere con il guscio che racchiudeva sua madre. L’adorazione malata per lei, ma anche il costante timore nei suoi confronti, la porteranno a dubitare della sua malattia ed è per questo che proprio suo marito un giorno le confesserà che
“Starle accanto è molto stressante per te. E viceversa. A essere sincero mi chiedo se la farai stare male o peggio.”
Antara non riesce a capacitarsi di come una donna come lei, così forte e indipendente, sia diventata una sconosciuta che non ricorda più tutto il male che le ha fatto, la fuga di casa dopo il divorzio da suo padre e gli anni passati all’ashram da sposa di un guru coi suoi vestiti bianchi di cotone e gli orli sfilacciati e rovinati come diventerà poi la sua memoria.
Nasce così un racconto suddiviso in anni, intrecciato tra eventi del passato e del presente, intriso di malinconia e confusione con frammenti d’amore. Inizierà raccontando la sua infanzia negata, i giorni passati a dormire in strada tra le pulci, il collegio e la gelosia di sua madre, ormai una costante nella sua vita, soprattutto dovuta al cambiamento nel suo corpo durante l’adolescenza, poiché il suo diventare donna la dipingeva come una rivale davanti ai suoi occhi, qualcuno da sopraffare e non più come sua figlia, iniziando a disprezzarla.
“Ancora adesso che non sto con lei, che non voglio stare con lei, che so che la sua presenza è per me fonte d’infelicità, torna a invadermi quella mancanza, quella nostalgia per il suo cotone morbido sfilacciato agli orli.”
La crudezza del romanzo è quasi nauseante e stancante, ma racchiude appieno la durezza e la complessità del loro rapporto, la dipendenza emotiva che può nascere, il bisogno di approvazione della figura genitoriale e, soprattutto, del suo amore, seppur malato.
Per me è stato faticoso per certi versi continuare la lettura, mi ha toccata molto ma ho adorato la prosa dell’autrice raffinata e schietta. È un romanzo da leggere e spero possiate apprezzarlo come ho fatto io!
Ella
Voto libro - 4.5
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