Tommaso e l'algebra del destino
Genere: Narrativa Contemporanea
Autore: Enrico Macioci
11 giugno 2020
Tommaso Rovere ha cinque anni e i suoi genitori stanno attraversando una crisi di coppia. Un torrido giorno d’estate, il padre, perso dietro le proprie bugie e a diversi affanni, dimentica il figlio in auto. Mentre parla con foga al cellulare, finisce sotto le ruote di un pirata della strada ed esce per sempre di scena. Tommaso resta in auto, prigioniero del seggiolino che avrebbe dovuto difenderlo, sul ciglio di una via deserta, nella città vuota del ferragosto. Mai ha sofferto così tanto il caldo, la sete e la fame. Mai ha sperimentato una solitudine più profonda, e una più profonda disperazione. Ma è davvero solo come sembra? Mentre rari passanti sfiorano la macchina senza vederlo o senza poterlo aiutare, e mentre la canicola lascia il posto a un nubifragio apocalittico e infine alla notte, qualcuno gli fa visita...
Che lettura! Breve ma davvero intensa, quasi da togliere il respiro!
E sono rimasta davvero senza respiro quasi per tutte le 159 pagine in cui ho vissuto con Tommaso la sua brutta vicenda capitata in uno dei giorni più caldi dell’estate, uno di quei giorni in cui la città, purtroppo per lui, è deserta, e i pochi passanti vanno veloci per la loro strada non accorgendosi di un bambino intrappolato sul seggiolino di un’auto chiusa.
Non ho voluto svelarvi nulla di più della trama perché è giusto che, come me, viviate il crescendo della situazione dal momento in cui Tommaso esce di casa col padre fino alla fine.
Credo di aver sottovalutato a primo impatto, per via forse anche della cover così carina con quella macchinina giocattolo azzurra, la potenza emotiva di questo romanzo. Mi ha lasciata davvero distrutta, stanca per via dello stato di tensione in cui sono stata per tutta la lettura.
Tommaso, intrappolato nell’auto del padre, sofferente per il caldo e per la sete, confuso e avvolto dalla paura e dalla vergogna di essere stato abbandonato, ci farà diventare il cuore piccolo, piccolo. Cosa gli succederà? Qualcuno si accorgerà di lui?
Intanto il bambino non è solo in quella trappola di metallo, il suo drago gli fa compagnia e lo stringe tra le manine come un amuleto, e poi anche Valerio Frasca, il bullo della scuola, la cui voce insistente si materializza lì con lui e gli parla e gli racconta cose che Tommaso non comprende ancora, e poi c’è una figura alta e scura che lo fissa di là dallo sportello della Citroen durante il temporale notturno. Tommaso che ha paura e vorrebbe gridare, al limite della follia ormai.
L’ambientazione del romanzo è abbastanza statica, l’azione si svolge nell’automobile in cui Tommaso è intrappolato e si sposta leggermente quando il narratore, che è esterno e onnisciente, si sposta per mostrare al lettore cosa accade nel frattempo intorno a lui, ma questa staticità non toglie nulla alla narrazione, alle parti descrittive, che sono parecchie, o al flusso di pensieri del piccolo sfortunato.
Mi è piaciuto molto anche lo stile di Macioci, che raccontando, appunto, la storia in terza persona, dà al romanzo un tono quasi da fiaba, una fiaba dark, e permette al lettore di entrare in sintonia con i fatti e i personaggi, soprattutto quando la narrazione assume toni colloquiali che sembrano rivolti proprio al lettore.
“Tommaso e l’algebra del destino” ci racconta una storia già accaduta molte volte e che continua ad accadere, le pagine di cronaca dei nostri giornali se ne sono occupati diverse volte, ma racconta anche qualcos’altro di più profondo che riguarda i bambini e la loro resilienza inconscia, il loro modo di affrontare la sofferenza, il pericolo, il dolore, aiutandosi con un’abilità che noi adulti in gran parte perdiamo: la fantasia. Ma soprattutto il candore che fa loro vedere il mondo da una prospettiva diversa e sempre piena di speranza.
È un romanzo breve e intenso, come ho già detto, una lettura non proprio da ombrellone che va affrontata, pagina dopo pagina, con coraggio e con speranza.
Buona lettura.
Salve Confine,
oggi porto alla vostra attenzione un romanzo veramente d’impatto uscito a giugno per la casa editrice SEM, “Tommaso e l’algebra del destino” di Enrico Macioci.
Tommaso è un bimbo di cinque anni e mezzo, ha un papà e una mamma che hanno dei problemi, un po’ come tutti, e due nonni che adora e che si prendono cura di lui.
Il 14 agosto 2014, Tommaso avrebbe dovuto passare il suo tempo coi nonni mentre i genitori sarebbero dovuti andare a lavorare; il nonno però si ammala e la nonna deve prendersi cura di lui, tocca a papà Giorgio portare Tommaso al lavoro con sé a Ripoli.
Mentre la Citroen viaggia in autostrada, papà parla concitatamente al telefono con una donna, una donna che dovrebbe essere la mamma, ma non lo è; non stanno andando a Ripoli ma a Lèpeso, papà ha mentito alla mamma e per di più, una volta arrivato a destinazione, scende dalla macchina e lascia Tommaso dentro, assicurato al suo seggiolino.
Tommaso guarda papà allontanarsi dall’auto con gli auricolari alle orecchie, perché lo ha lasciato in macchina da solo? Quanto tempo ci metterà a tornare, cinque minuti? Dieci? Chi lo sa?
Lui intanto lo aspetta, è confuso; la macchina è posteggiata all’ombra di un oleandro ma fa caldo e Tommaso non vede l’ora che il papà arrivi, ma lui non arriva e il tempo passa, l’ombra dell’oleandro si sposta e Tommaso aspetta col suo drago giocattolo tra le manine sudaticce. Ha fame. Ha sete. Ci sono dei wafer a terra e il bicchiere con l’acqua del giorno prima, quando Tommaso è andato con la mamma a trovare Zia Emilia, ma sono troppo distanti e lui non è capace di slegare le cinghie che lo tengono fermo, ancorato all’ignoto di quella giornata cominciata con una piccola sfortuna, che è la prima di una serie.
oggi porto alla vostra attenzione un romanzo veramente d’impatto uscito a giugno per la casa editrice SEM, “Tommaso e l’algebra del destino” di Enrico Macioci.
Tommaso è un bimbo di cinque anni e mezzo, ha un papà e una mamma che hanno dei problemi, un po’ come tutti, e due nonni che adora e che si prendono cura di lui.
Il 14 agosto 2014, Tommaso avrebbe dovuto passare il suo tempo coi nonni mentre i genitori sarebbero dovuti andare a lavorare; il nonno però si ammala e la nonna deve prendersi cura di lui, tocca a papà Giorgio portare Tommaso al lavoro con sé a Ripoli.
Mentre la Citroen viaggia in autostrada, papà parla concitatamente al telefono con una donna, una donna che dovrebbe essere la mamma, ma non lo è; non stanno andando a Ripoli ma a Lèpeso, papà ha mentito alla mamma e per di più, una volta arrivato a destinazione, scende dalla macchina e lascia Tommaso dentro, assicurato al suo seggiolino.
Tommaso guarda papà allontanarsi dall’auto con gli auricolari alle orecchie, perché lo ha lasciato in macchina da solo? Quanto tempo ci metterà a tornare, cinque minuti? Dieci? Chi lo sa?
Lui intanto lo aspetta, è confuso; la macchina è posteggiata all’ombra di un oleandro ma fa caldo e Tommaso non vede l’ora che il papà arrivi, ma lui non arriva e il tempo passa, l’ombra dell’oleandro si sposta e Tommaso aspetta col suo drago giocattolo tra le manine sudaticce. Ha fame. Ha sete. Ci sono dei wafer a terra e il bicchiere con l’acqua del giorno prima, quando Tommaso è andato con la mamma a trovare Zia Emilia, ma sono troppo distanti e lui non è capace di slegare le cinghie che lo tengono fermo, ancorato all’ignoto di quella giornata cominciata con una piccola sfortuna, che è la prima di una serie.
“La
voce di Valerio Frasca svanì in un uggiolio e tacque. Ne fu lieto, poi
si rese conto di aver perso l‘unica compagnia che gli restava e
s’intristì, ma non troppo. Meglio soli che male accompagnati, sosteneva
il nonno. E forse da un certo punto in avanti siamo davvero soli, da un
certo punto in avanti siamo tutti bambini rimasti prigionieri dentro una
macchina chiusa lungo una via deserta, battuta dalla pioggia e dai
tuoni. E poi non era davvero solo giusto? C’era qualcuno o qualcosa, sul
marciapiede accanto a lui. Tommaso Rovere seguitò a fissare un luogo
impreciso, fuori, nel caos.”
Che lettura! Breve ma davvero intensa, quasi da togliere il respiro!
E sono rimasta davvero senza respiro quasi per tutte le 159 pagine in cui ho vissuto con Tommaso la sua brutta vicenda capitata in uno dei giorni più caldi dell’estate, uno di quei giorni in cui la città, purtroppo per lui, è deserta, e i pochi passanti vanno veloci per la loro strada non accorgendosi di un bambino intrappolato sul seggiolino di un’auto chiusa.
Non ho voluto svelarvi nulla di più della trama perché è giusto che, come me, viviate il crescendo della situazione dal momento in cui Tommaso esce di casa col padre fino alla fine.
Credo di aver sottovalutato a primo impatto, per via forse anche della cover così carina con quella macchinina giocattolo azzurra, la potenza emotiva di questo romanzo. Mi ha lasciata davvero distrutta, stanca per via dello stato di tensione in cui sono stata per tutta la lettura.
Tommaso, intrappolato nell’auto del padre, sofferente per il caldo e per la sete, confuso e avvolto dalla paura e dalla vergogna di essere stato abbandonato, ci farà diventare il cuore piccolo, piccolo. Cosa gli succederà? Qualcuno si accorgerà di lui?
Intanto il bambino non è solo in quella trappola di metallo, il suo drago gli fa compagnia e lo stringe tra le manine come un amuleto, e poi anche Valerio Frasca, il bullo della scuola, la cui voce insistente si materializza lì con lui e gli parla e gli racconta cose che Tommaso non comprende ancora, e poi c’è una figura alta e scura che lo fissa di là dallo sportello della Citroen durante il temporale notturno. Tommaso che ha paura e vorrebbe gridare, al limite della follia ormai.
L’ambientazione del romanzo è abbastanza statica, l’azione si svolge nell’automobile in cui Tommaso è intrappolato e si sposta leggermente quando il narratore, che è esterno e onnisciente, si sposta per mostrare al lettore cosa accade nel frattempo intorno a lui, ma questa staticità non toglie nulla alla narrazione, alle parti descrittive, che sono parecchie, o al flusso di pensieri del piccolo sfortunato.
Mi è piaciuto molto anche lo stile di Macioci, che raccontando, appunto, la storia in terza persona, dà al romanzo un tono quasi da fiaba, una fiaba dark, e permette al lettore di entrare in sintonia con i fatti e i personaggi, soprattutto quando la narrazione assume toni colloquiali che sembrano rivolti proprio al lettore.
“Tommaso e l’algebra del destino” ci racconta una storia già accaduta molte volte e che continua ad accadere, le pagine di cronaca dei nostri giornali se ne sono occupati diverse volte, ma racconta anche qualcos’altro di più profondo che riguarda i bambini e la loro resilienza inconscia, il loro modo di affrontare la sofferenza, il pericolo, il dolore, aiutandosi con un’abilità che noi adulti in gran parte perdiamo: la fantasia. Ma soprattutto il candore che fa loro vedere il mondo da una prospettiva diversa e sempre piena di speranza.
È un romanzo breve e intenso, come ho già detto, una lettura non proprio da ombrellone che va affrontata, pagina dopo pagina, con coraggio e con speranza.
Buona lettura.
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