Il ritratto di Oscar Wilde





Genere: Classico
Autore: Oscar Wilde

13 aprile 2021

Dal romanzo, con la storia di culto del "Ritratto di Dorian Gray", al teatro, con commedie brillanti come "L'importanza di chiamarsi Ernesto", fino alla favola e alla poesia: Oscar Wilde ha lasciato il suo segno – il segno del genio – in ogni genere della letteratura. Questo ricco volume raccoglie i suoi testi più amati, restituendo l'immagine a tutto tondo di un grande artista e un grande uomo.


Salve Confine,
in occasione dell’uscita de “Il ritratto di Oscar Wilde”, una raccolta dei successi più conosciuti dello scrittore edita da Mondadori, ho deciso di partecipare a un evento ad essa dedicato.
Il favoloso Drago è uscito lo scorso 13 aprile e, a dire la verità, io non vedevo l’ora di leggerlo e di possederlo, perché sono un’appassionata della vita e delle opere di questo eclettico personaggio esponente del decadentismo e dell’estetismo inglese.
La raccolta, a cura di Massimo Scorsone, contiene una sorta di introduzione scritta da Max Beerbohm, uno scrittore e caricaturista vicino a Wilde, e poi una selezione di opere che abbracciano tutti i generi in cui Wilde si cimentò sempre con ottimi risultati.

Come da consuetudine, abbiamo diviso le diverse opere con gli altri blog partecipanti all’evento; a me è toccato leggere e parlarvi di “Il ventaglio di Lady Windermere”, una brillante commedia teatrale, e “Il Principe Felice”, un emozionante racconto.
Devo dire che ne ho approfittato per rileggere anche le altre opere e rinfrescare la memoria e non mi è affatto dispiaciuto, quindi lasciate che rinfreschi anche la vostra proponendovi un breve riassunto delle trame di questi due piccoli capolavori.
“Il ventaglio di Lady Windermere” è una commedia in quattro atti ambientata nella Londra contemporanea all’autore, che si svolge nell’arco di ventiquattro ore.
La giovane Lady Windermere, sposata da appena due anni con Lord Windermere, sospetta che il marito abbia un’amante, una certa Lady Erlynne, dopo che alcuni pettegolezzi sono arrivati alle sue orecchie. Non vuole crederci, le sembra impossibile, suo marito si è mostrato più che devoto, ma le voci sono tante e insistenti e la giovane Lady ne è sconfortata, tanto che decide di ripagarlo accettando le avance di Lord Darlington, ma per fortuna viene fermata dal caso prima che questa possa commettere il grosso errore.
Infatti la donna con cui si pensa che il marito si stia intrattenendo, altri non è che la vera madre di Lady Windermere, che il marito sta cercando di tenere a bada per evitare che la sua dolce sposa possa soffrire.
Se conoscete già la commedia, capirete dove l’equivoco ha fatto il suo lavoro e perché Lord Windermere sta agendo di nascosto alla moglie, se non la conoscete, allora vi invito a leggerla.
Questa commedia fa parte dei “Society Drams”, che Wilde scrisse negli ultimi anni di vita, tra il 1893 e il 1895, e che mantengono uno stile brillante, con battute argute e raffinate e personaggi emblematici di quell’epoca, con lo scopo di mettere in evidenza i vizi e le virtù del suo tempo.
Lady Windermere è il simbolo della società aristocratica della Londra dell’ottocento, ma è anche emblema di innocenza e purezza, virtù abbastanza rare al tempo.
La sua pseudo rivale, nonché genitrice, Lady Erlynne, simboleggia i vizi e diventa il tramite attraverso il quale Wilde smaschera i falsi valori dell’alta società.
Sono due donne in netta contrapposizione e rappresentano tutto ciò di cui Wilde si è sempre preso gioco e che caratterizzava la sua epoca.
Lo scrittore dalla penna sferzante, ha sempre avuto una sorta di debole per la battuta fine ma tagliente e creare l’equivoco nelle sue commedie era essenziale per lui, che prendeva ispirazione, per questo tipo di opera, dal teatro francese del settecento, da autori come Molière, ad esempio.
Qui l’equivoco è scatenato dal ventaglio che è protagonista del titolo della commedia, ma anche dai pettegolezzi, che erano l’hobby sul quale si fondava la vita mondana dell’Inghilterra di quel tempo.
“Il Principe Felice”, invece, fa parte di una raccolta di racconti che Wilde scrisse per i suoi figli, Cyril e Vyvyan, di cui fanno parte anche “L’usignolo e la rosa” e “Il gigante egoista”.
Sono racconti a scopo educativo, ma non sfugge anche l’intento di denunciare la falsa morale borghese che l’autore aborriva e derideva.
Anche di questo vi racconto brevemente la trama in modo che possiate ricordarvi della storia di questo Principe Felice e altruista.
Il Principe Felice è una preziosa statua che svetta sulla colonna di una città di cui non ci è dato sapere il nome; è ricoperta di foglie d’oro, con un grosso rubino sull’elsa della spada e due preziose gemme al posto degli occhi; tutti gli abitanti la ammirano e ne sono orgogliosi.
Il Principe Felice osserva la città dall’alto della sua colonna e il suo sguardo non si sofferma sulla parte bella di essa, ma vaga oltre, dove la sporcizia e la povertà mettono in ginocchio la dignità della gente e allora capisce che la vita che aveva condotto quando era in vita non era altro che un’illusione, che fuori dalle mura del suo palazzo c’era la vera vita, purtroppo fatta di rinunce, stenti e povertà. Allora decide che deve fare qualcosa per quella gente di cui non conosceva l’esistenza.
Si trova a passare di lì uno stormo di rondini in migrazione verso il caldo dell’Egitto, una di esse si stacca dallo stormo per riposarsi e si poggia ai piedi del principe. Questi comincia a raccontarle la sua storia e le chiede un favore prima che la rondine riparta per raggiungere i suoi simili.
La rondine accetta e, come da lui richiesto, comincia a spogliare il principe, prima delle gemme e poi della sua copertura d’oro, per portarli a quella gente povera e bisognosa che ogni giorno il principe guarda dalla sua postazione.
Alla fine di questa missione è ormai tardi per la rondine per raggiungere i suoi amici e alla fine muore di freddo ai piedi della statua del principe, che ormai non è che una comune statua di piombo col cuore infranto per la morte della sua tenera amica.
Una mattina, il sindaco, vede la statua così conciata, decide che è troppo brutta per la sua città e la fa sciogliere per crearne una nuova di se stesso. Il cuore infranto della statua però non si fonde e, quando Dio comanda uno dei suoi angeli di portargli le cose più preziose di quella città, l’angelo torna da lui con quel cuore di piombo infranto e il corpicino della rondine.
Wilde, con una prosa pulita, semplice ed emozionante, ha reso chiaro sia lo scopo educativo del racconto che quello di denuncia sociale.
Ha messo in evidenza la superficialità dell’uomo, la mancanza di empatia, il voler chiudere gli occhi davanti al bisogno; ha poi voluto dare una sorta di suggerimento attraverso l’atto del principe di spogliarsi della sua effimera bellezza per rendere più decorosa la vita della povera gente.
La rondine, che è il suo braccio, insieme a lui è simbolo di bontà. Una bontà che viene discriminata dall’uomo ma che viene premiata in altri luoghi, che siano il Paradiso e Dio o altro, non importa, Wilde non era neppure convertito alla religione cattolica ai tempi della scrittura del racconto, ciò che importa è che il premio arriva, in un modo o nell’altro a chi si sa comportare.
Questo voleva insegnare ai figli attraverso questo tipo di racconti, proprio lui che in vita, di sicuro, un santo non è stato, ma che ha vissuto seguendo il suo genio che non poteva essere frenato né imbavagliato.
Tante cose ci sarebbero ancora da dire di questo artista così poliedrico ed eclettico che, ancora a distanza di più di un centinaio di anni, riesce a far parlare di sé, come cita uno dei suoi più famosi aforismi tratto da “Il ritratto di Dorian Gray”: “Nel bene o nel male, purchè se ne parli”. Ma lascio continuare le mie colleghe degli altri blog, di cui vi invito a seguire le tappe.
Buona lettura e, per molti, buona rilettura.


Voto libro – 5




 

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