I giudizi sospesi


Genere: Narrativa contemporanea 

Autrice: Silvia Dai Pra'

5 aprile 2022

I Giovannetti sono una famiglia felice. O forse lo sembrano soltanto? Si sa, a volte l'apparente felicità è direttamente proporzionale alla quantità di polvere accumulata sotto il tappeto. Il padre Mauro insegna storia e filosofia: brillante e bello come un attore, è la leggenda del liceo locale. La madre Angela è professoressa di arte alle medie, ama il suo lavoro, ma ancora di più i figli e il marito. Perla è una fuoriclasse, bravissima a scuola, responsabile: matura, da sempre; Felix è il fratello minore, affettuoso e intelligente, un po' imbranato, da sempre offuscato dalla luce accecante della sorella. Tutti si aspettano grandi cose da Perla. Ma da quando si è fidanzata con un certo James, un ragazzo più grande su cui circolano brutte voci – un violento, un bugiardo – è cambiata: insofferente, sarcastica, nulla le interessa più. Potrebbe essere una semplice crisi adolescenziale, la sana ribellione di una ragazza che non ha mai dato problemi, ma l'origine del suo malessere si rivelerà ben più radicale e implicata con il lato oscuro della famiglia in cui è cresciuta: i compromessi, le rinunce, le ipocrisie che fino a quel momento erano sembrate accettabili si riveleranno velenose, infestanti. Felix, "il figlio sbagliato", ironico, intelligente e defilato, è l'osservatore ideale, ed è dalla sua voce apparentemente disillusa ma in realtà disarmata e struggente che ci viene raccontata tutta la storia. I giudizi sospesi mette in scena venticinque anni della storia di una famiglia, indagata nelle sue dinamiche più autentiche e nascoste.

Ciao Lettori,
il libro di oggi si intitola “I giudizi sospesi”, scritto da Silvia Dai Prà e edito dalla Mondadori, che ringraziamo per la copia digitale del libro.
È il primo libro che leggo di questa autrice e non vi nascondo che mi ha lasciato molti strascichi che non ho ancora capito se siano negativi o positivi, perfettamente in linea con il titolo del libro.
È proprio così al momento, il mio giudizio è sospeso, perché ancora non ho capito se il libro mi è piaciuto o meno e l'ago della mia bilancia continua a oscillare come un metronomo, più che come una bilancia vera e propria, perché a scatti vado per il “mi è piaciuto” e poi passo al “non mi è piaciuto” senza troppe vie di mezzo. E se il libro ha questo titolo perché ci si aspettava questa reazione dal lettore, faccio i miei complimenti a chi l'ha ideato perché è stato un vero genio (bella anche la copertina).
E quindi, poiché ci rimugino da un po' di giorni senza essere riuscita a sciogliere le mie riserve, ho deciso di buttare giù la recensione perché spesso scrivere mi ha aiutato a elaborare quello che nella mia pancia era un groviglio inestricabile di “Boh” (come vedete mi sento particolarmente ispirata anche con i termini).

La famiglia Giovannetti: madre insegnante, padre insegnante, due figli. Una è Perla-la-perla, come viene soprannominata per tutto il libro per le sue straordinarie doti e la qualità della sua perfezione in ogni ambito accademico e non, l’altro è Felice (Felix), figlio altrettanto brillante, ma perennemente all'ombra della sorella. La famiglia sembra quella del Mulino Bianco, crepe e difetti all'apparenza inesistenti, ma il Mulino è inquadrato sempre a distanza e, a distanza, è difficile notare le crepe. Ed è così anche per i Giovannetti: tutti li ammirano, tutti vorrebbero essere loro, ma questo idillio ha un brusco risveglio quando Perla, a diciassette anni, incontra James (al secolo Giacomo), un ragazzo di 24 anni senza né arte e né parte di cui però lei si innamora follemente.
Fin qui niente di strano, salvo il fatto che la frequentazione con questo ragazzo fa emergere un lato di Perla-la-perla che nessuno si aspettava. La ragazza diventa il suo negativo, dove prima c'era solo luce, ora c'è solo ombra e oscurità, tutta la sua persona subisce un mutamento così drastico da lasciare inebetita la sua famiglia. Chiude letteralmente i rapporti con i suoi genitori, in casa quando parla, se parla, è per urlare e inveire contro suo padre, che fino ad allora aveva idolatrato, senza sconti, senza pietà. Anche la madre è investita dal suo disprezzo, il fratello neanche lo vede. Sono tutti suoi nemici.
Il processo involutivo di Perla ne innesca uno altrettanto brutale nella sua famiglia; Perla e le sue scelte diventano come un buco nero che risucchia e annulla tutto ciò che di positivo e buono c'è nella sua famiglia, e non parlo delle sole relazioni tra loro, no, il processo involutivo investe tutti e tre proprio come persone. Da quel momento in poi padre, madre e figlio regrediranno irrimediabilmente.

Il nostro io narrante è Felix, il suo è l'unico punto di vista che avremo per tutto il libro. La prima persona è pericolosa, perché ti proietta nel mondo dell'io parlante e, dell'io parlante, il lettore ha gli stessi punti ciechi. Già in un altro libro ho fatto l'errore di immedesimarmi troppo nel personaggio narrante, scontando una totale perdita del mio punto di vista a favore di quello del protagonista del libro, subendone la parzialità in quel caso annichilente. Questa volta, memore della passata esperienza, ho mantenuto un certo distacco, realizzando che il punto di vista di Felix è molto carente: per tutta la sua vita si chiederà perché, ma mai una volta farà un vero tentativo di capire le ragioni della sorella, di capire ciò che è veramente successo a tutti loro. Vive la sua vita con il volto girato dall'altra parte, subisce, vittima e carnefice di tutti i suoi fallimenti.

Il libro è diviso in quattro capitoli che coprono venticinque anni, venticinque anni in cui Perla compare e scompare, ora volontariamente, ora costretta dalle circostanze. James è un predatore, un uomo manipolatore e abusivo che ha la capacità di nutrirsi della linfa vitale delle donne che adesca, come un Dorian Gray moderno, le donne sono il quadro che invecchia mentre lui risplende di luce non propria. Ma, a differenza dei suoi genitori e del fratello, lei è l'unico personaggio che sembra andare avanti e che, una volta capito chi ha veramente di fronte, cerca di liberare e proteggere chi vuole bene.
Questa, in estrema sintesi, è la trama del libro, ma ciò che, a mio avviso, va evidenziato di questo libro è il fine lavoro psicologico che la Del Prà ci dona di tutti i suoi personaggi.
Attraverso gli occhi di Felix osserviamo uno a uno tutti i membri della famiglia Giovannetti e, nonostante le carenze della nostra voce narrante, riusciamo a intuire cosa accade a tutti loro.
Non ci sono solo Felix e i suoi genitori, figure importanti sono anche gli zii, la nonna, la cugina, gli amici e le amanti di Felix. La Del Prà è molto brava a descrivere i suoi personaggi, che sono le proiezioni di Felix ma anche sé stessi e il lettore riesce a intuire quando parla Felix e quando lo fa il personaggio attraverso i suoi occhi. In questo ho apprezzato la capacità dell'autrice di avere mille facce come un diamante.

Il libro è molto lungo, quasi infinito, perché verso la fine Felix e la sua immobilità sono quasi asfissianti, non vedi l'ora che si arrivi alla fine per uscire dalla testa di questo personaggio abulico e inconcludente che non fa altro che girare su se stesso.
In alcuni punti questo libro mi ha fatto paura, certe considerazioni, certe riflessioni del Felix adulto mi hanno raggelata, tanto vere da essere crudeli. I passaggi di lui adolescente in cui soffre il fatto di essere sempre in secondo piano e quasi irrilevante agli occhi dei suoi genitori, l'analisi spietata che fa della madre, che si annulla per far risplendere la personalità alquanto narcisistica del padre, la verità di un genitore la cui vita può essere spezzata dalle scelte (sbagliate ai loro occhi) dei loro figli e di cui si assumono le responsabilità e la colpa anche senza avere nessuna delle due, spesso, anche se il dubbio rimane per sempre.
Guardandolo da un'ottica ancora diversa, questo libro è lastricato da relazioni tossiche, in primo piano assoluto c'è quella tra Perla e James, ma neanche tanto sana ho trovato quella tra i genitori di Felix e quelle di Felix con le sue donne/amanti/compagne.
La prosa dell'autrice è piuttosto audace, la prima persona la sfrutta in tutto e per tutto: siamo nella testa di Felix, con le sue digressioni, i suoi incisi lunghissimi, i suoi passare da un ricordo a una considerazione nella pausa di una virgola e senza soluzione di continuità all'inizio ti lasciano confusa, ma una volta che il tuo cervello ha smesso di fermarsi a ogni pausa e si è lasciato andare risulta naturale seguire il flusso dei suoi pensieri.

Ci sarebbero ancora molte cose che si potrebbero dire su questo libro, ma io mi fermo qui. Dopo queste considerazioni, mi trovo a pensare a “Giudizi sospesi” come a un esercizio, stilisticamente audace, psicologicamente molto raffinato e un finale sospeso. Un bell'esercizio, che in fin dei conti però a me non è piaciuto.

Voto libro - 3









 

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