Lapvona


Genere: Fantasy


Scritto da: Ottessa Moshfegh


14 Marzo 2023


 Il racconto si svolge nel corso di un anno nel villaggio medievale di Lapvona, un luogo povero e timorato di Dio che viene perennemente prosciugato dei suoi averi dal signore feudale che vive in cima alla collina. Marek, il figlio storpio, bistrattato e delirante di un pecoraio, non ha mai conosciuto sua madre; suo padre gli ha detto che è morta durante il parto. Una delle poche consolazioni per Marek è il suo legame duraturo con l’ostetrica cieca Ina, che lo ha allattato quando era un bambino, come ha fatto con tanti bambini del villaggio. Ma i doni di Ina vanno oltre all’accudimento dei neonati: possiede una capacità unica di comunicare con il mondo naturale. Il suo dono la trasforma in veicolo di conoscenze sacre. Per alcune persone, la casa di Ina nei boschi fuori dal villaggio è un posto da temere e da evitare, un luogo senza Dio. Tra di loro c’è padre Barnaba, il prete della città e lacchè del depravato signore e governatore Villiam. Il disperato bisogno del popolo di credere che ci sia qualcuno che ha a cuore i suoi interessi è messo a dura prova da Villiam e dal sacerdote, specialmente in questo anno di siccità e carestia eccezionali. Ma quando il destino porta Marek vicino alla famiglia del signore, nuove forze occulte sconvolgono il vecchio ordine. Entro la fine dell’anno, il velo tra cecità e vista, vita e morte, mondo naturale e mondo degli spiriti si rivelerà molto sottile.

Ciao, lettrici e lettori!
Credo vi sia capitato almeno una volta nella vita di leggere un libro così destabilizzante che è difficile avere un’opinione ben precisa al riguardo e vi servirebbero un po’ di mesi per metabolizzarne il contenuto. L’ultima volta che avevo provato una sensazione simile è stata un paio di anni fa, quindi mi capita piuttosto di rado. Adesso, però, una nuova opera si è fatta spazio con prepotenza nella mia mente ed è già dalla sua uscita che continuo a riflettere su quello che contiene. L’autrice del libro di cui vi parlo oggi non mi è per niente sconosciuta, dato che è tra le mie preferite per il suo stile di scrittura, i suoi personaggi e l’atmosfera che riesce a donare ai propri scritti.
Si tratta di “Lapvona”, scritto da Ottessa Moshfegh e edito da Feltrinelli!

“Quando chiedeva consiglio agli uccelli, quelli rispondevano che non sapevano nulla dell’amore, che l’amore era un difetto propriamente umano che Dio aveva creato per controbilanciare il potere della avidità degli uomini.”

Consiglio di leggere i trigger warnings prima di affrontare la lettura del libro.
Nonostante abbia imparato a riconoscere le trame di Ottessa Moshfegh, penso che questa qui in particolare mi abbia lasciato senza parole. Chiaramente sapevo che si trattava di un’opera alquanto disturbante, eppure nulla avrebbe potuto prepararmi a ciò che ho letto. Non essendo in grado di “disconnettere” la mia empatia, alcune scene sono state così degradanti per determinati personaggi che ho fatto difficoltà ad andare avanti.
Il libro è diviso in 5 parti, in stagioni: Primavera, Estate, Autunno, Inverno e di nuovo Primavera. Di conseguenza, le vicende narrate si svolgono nell'arco di un anno.
Il titolo “Lapvona” si riferisce all’omonimo villaggio medievale al centro dell’opera. È un luogo decisamente poco agiato, basato su tre elementi fondamentali: agricoltura, allevamento e religione.
Uno dei protagonisti di questo libro, che è anche colui che ci permetterà di entrare e capire meglio le varie dinamiche e tematiche, è Marek, un ragazzo storpio dai capelli rossi sempre nascosti da un berretto. È il figlio di Jude, il pecoraio del villaggio, ma non ha mai avuto la possibilità di conoscere sua madre, apparentemente morta per il parto (secondo i racconti crudi di suo padre). Per Marek, Jude è come una guida ed è sempre pronto a compiacerlo nonostante sappia che non vi sarà mai amore da parte sua. L’unico pensiero che è in grado di alleviare le sue paturnie è la consapevolezza che, grazie ai maltrattamenti subiti dal padre e dagli abitanti di Lapvona, non c’è dubbio che Dio abbia pietà di lui e che quindi finirà in Paradiso.
Quando può va a visitare segretamente Ina, balia del villaggio cieca e ormai anziana. Il legame che Ina ha con la natura (basti pensare ai rimedi che crea con le erbe, oppure alla sua comunicazione assidua con gli uccelli) rende facile agli abitanti reputarla una strega, ed è per questo che in molti hanno paura di andare nei boschi dove si trova la sua abitazione. Però, come accennavo, Marek non ne ha timore e considera le braccia di Ina un rifugio dalla rabbia altrui.
Un giorno, la vita di Marek viene stravolta completamente a causa di un tragico evento. Non farò spoiler, ma vi dico che entrerà in stretto contatto con colui che governa il villaggio dall’alto della collina, lontano da quella miseria: Villiam, signore di Lapvona e cugino di Jude. Al suo seguito troviamo padre Barnaba, prete del villaggio (ma dalla fede alquanto dubbia).
Marek arriverà ad un punto in cui metterà in dubbio gli usi, gli insegnamenti e la fede che suo padre ha cercato duramente di impartirgli, ma l’agio della sua nuova vita porrà sui suoi occhi un velo ancora più gravoso.

“Lapvona” è un libro crudo, osceno e disturbante. Mette in luce ciò a cui il fanatismo religioso di un piccolo villaggio può portare, come manovrare le menti delle persone sia in realtà un’azione terribilmente facile per i potenti. È ricco di segreti, violenza e sporca bramosia. Apparentemente è una semplice storia gore, ma ciò che la rende spaventosa e che la caratterizza in pieno è l’analisi romanzata della natura più recondita, ripugnante e immorale dell’essere umano.

“Quando Dio ti dà più di quanto puoi sopportare, ti affidi all’istinto. E l’istinto è una forza fuori da ogni controllo.”

Ho passato giorni a chiedermi cosa avrei potuto comunicarvi su “Lapvona”.
La prima cosa che voglio dirvi è che è un libro che per forza di cose non può essere amato, bensì l’opposto. Non è per niente una lettura comfort e nulla di ciò che viene raccontato è edulcorato affinché risulti più leggero da digerire. A nessuno può piacere questo libro ed è proprio questo l’obiettivo. Colpisce come un pugno, spingendo a una moltitudine di riflessioni riguardanti il proprio io e il futuro.

Passiamo alla mia opinione. Il romanzo si apre con un’esecuzione, primo importante squarcio del tipo di vita che ritroviamo a Lapvona. L’inizio è lento e ci vorranno circa sessanta pagine per entrare nel vivo della storia. Da lì in poi ho apprezzato il ritmo narrativo incalzante che va a crescere sempre di più, fino al finale mozzafiato. Il world-building è terrificante e in esso ritroviamo già i contrasti tra ricchezza (dimora di Villiam) e povertà (il villaggio). Credo che comprendere il divario tra classi sociali rientri tra le chiavi di lettura fondamentali per capire l’opera ed entrare nella sua profondità. Nulla avrebbe potuto prepararmi allo scenario apocalittico che si è scatenato nelle pagine durante la descrizione della condizione del popolo in carestia. Ho provato più ira che disgusto e anche qui credo che Ottessa Moshfegh abbia raggiunto il suo scopo.

I personaggi sono diversi, descritti ognuno in modo magistrale. Lo sviluppo del personaggio di Marek è eccezionale. Sebbene sembri repentino, credo che in lui aleggiasse già profondamente il desiderio costante di trovarsi “dall’altra parte”. Per me, però, Ina è stata la figura più interessante fin dall’inizio, l’unica a rappresentare un elemento magico nella storia. Nonostante sembri benevola, nasconde anche lei dei “lati oscuri” (chiamarli così è un eufemismo) e sempre durante le scene di carestia iniziamo a vedere di più della sua personalità e a scoprire quanto in realtà sia macchiata. Per il resto, ad eccezione della serva Lispeth e di Agata, avrei voluto prendere a schiaffi tutte le figure presenti nel romanzo.

Nonostante “Lapvona” sia stato per me interessante, non ho particolarmente apprezzato alcune scene irrilevanti per la trama. Certo, sottolineano ancora di più quanto l’avidità degli uomini sia immonda, ma concretamente non portano nulla di nuovo alla storia. In alcuni momenti ho avvertito la sensazione che l’autrice volesse allungare un brodo che non ne aveva la minima necessità, appesantendo la lettura già impegnativa di suo per i temi che tratta.
“Lapvona” non è classificabile in un solo genere, dato che ha in sé una moltitudine di aspetti. È una piccola perla letteraria macabra e surreale (ma al contempo verosimile) che, se vi armate di coraggio, vi invito ad affrontare.

Voto libro - 4









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