Le calde mani degli spiriti
Genere: Fantasy Storico
Scritto da: Katherine Arden
25 giugno 2024
Fiandre, gennaio 1918. Laura Iven, esperta infermiera da campo, è stata ferita e rimandata in patria, in Canada. Il fratello Freddie però è rimasto a combattere nell'inferno della Grande Guerra. Quando la donna riceve una scatola con i suoi effetti personali, ma nessun telegramma che ne dichiari la morte, capisce che qualcosa non quadra. Decisa a scoprire la verità, si offre come volontaria e torna in Belgio, dove si mormora di una trincea infestata dagli spettri e di un locandiere il cui vino offre il dono dell'oblio. Freddie potrebbe essere sfuggito alla morte in battaglia solo per finire preda di qualcosa – o qualcuno – ancora peggiore? Novembre 1917. Freddie Iven si sveglia dopo un'esplosione e si ritrova intrappolato sotto le macerie di un bunker assieme a un soldato nemico ferito. I due uniscono le forze e riescono a trovare una via d'uscita. Nulla potrebbe convincerli a tornare nel cuore della carneficina, a spararsi addosso. Si rifugiano così presso un uomo misterioso che sembra avere il potere di far scomparire l'inferno delle trincee. Tra piogge di colpi e fantasmi che si mescolano ai vivi, i traumi nascosti di Laura e Freddie si risvegliano. Sta ai due decidere se il loro mondo merita di essere salvato o se non sia meglio lasciarselo alle spalle.
Salve salve!
Oggi vi parlo di uno dei libri che più attendevo nel 2024: “Le calde mani degli spiriti” di Katherine Arden. Ringrazio infinitamente la Mondadori Oscar Vault per il regalo della splendida copia cartacea!
Il romanzo è uno storico ambientato durante la prima guerra mondiale, tra il 1917 e il 1918.
La storia ripercorre uno dei momenti più tragici della Grande Guerra, la Battaglia di Passchendaele, concentrandosi sulle conseguenze che questa ha avuto sui vari personaggi, come li ha resi vedere il mondo finire, e cercando di rispondere a una domanda in particolare: cosa succede quando l’inferno è in terra e i demoni camminano tra gli uomini?
"Gli spiriti hanno mani calde" continuava a ripetermi, come se fosse il più grande segreto del mondo. Ricordo di aver annuito come una stupida. Ancora oggi, ogni volta che tocco le dita fredde di un uomo, mi ritrovo a pensare: "Be', non è ancora un fantasma".
Wilfred Iven, Freddie, era un artista, un poeta, un sognatore, in Canada. Adesso è un soldato, un assassino, un disertore.
Freddie era ad Ypres, nei momenti più cruenti della battaglia di Passchendaele; lì resta incastrato in un bunker che si è ribaltato. Sottoterra, al buio, al freddo, Freddie è sicuro di morire e di impazzire soprattutto, finché non sente un’altra voce.
Winter è un soldato tedesco, dovrebbero essere nemici, uccidersi all’istante, ma incastrati nel buio, tra il desiderio di morire in fretta e la disperata voglia di sopravvivere, si crea un legame traumatico, disperato, famelico, l’unico sprazzo di lucidità e di forza li spinge a lottare per sopravvivere, non per sé stessi ma per salvare l’altro.
Laura Iven è un’infermiera, anche lei ha combattuto, ma per salvare le vite dei soldati in fin di vita sul fronte.
Dopo un incidente è stata rimandata a casa con una medaglia al valore, ma neanche lì trova pace. La guerra è sempre con lei, nei rumori, nei ricordi, nei sogni, poi le arriva una scatola con gli oggetti di suo fratello e il messaggio che Wilfred è scomparso.
Ci sono però troppe cose che non quadrano negli oggetti e nella lettera che ha ricevuto e l’unico modo per scoprire la verità è tornare al fronte.
Girano storie, sussurri, leggende, al fronte, di luci calde scorte in lontananza, del dolce suono di un violino, del violinista stesso che ti invita ad entrare in uno sfarzoso hotel, di un vino paradisiaco che ti fa dimenticare qualsiasi cosa e di uno specchio che mostra ciò che desideri di più.
Gira voce di un giovane soldato, che in un terribile giorno di pioggia è scomparso in un bunker ribaltato, e del suo fantasma che infesta il quartier generale.
Sono solo voci quelle che cercano di superare il rumore delle bombe e delle urla dei feriti? Sono solo il tentativo di soldati ormai dannati di trovare pace dopo essere “sopravvissuti” all’inferno in terra, alla fine del mondo?
“Le calde mani degli spiriti” è una storia potente, cresce lentamente, si insinua pian piano fino a scoppiare e lasciarci tremanti di fronte a un panorama nero, vuoto, triste; in lontananza una luce, fioca ma resistente, la speranza.
È un libro che vi consiglio di leggere con calma, assaporate a pieno le descrizioni crude di paesaggi fumanti, di emozioni strazianti, di paure e traumi, ma soprattutto preparatevi all’impossibilità di digerirle e lasciarle andare, stavolta è impossibile, perché stavolta non è un semplice storico, ma una realtà che si ripete.
“Ma era finita. La guerra sarebbe terminata. Le uccisioni sarebbero terminate. E forse il mondo aveva imparato. Forse questa era la guerra che avrebbe messo fine a tutte le guerre. Forse.”
È anche una storia che unisce con maestria reale e fantastico, ricordando un po’ le atmosfere di quel capolavoro che è “Il Maestro e Margherita” di Michail Bulgakov o de “L’angelo di fuoco” di Valerij Brjusov.
I confini sono estremamente sottili e sfocati, soprattutto a causa del luogo in cui la storia è ambientata. Paesaggi che avrebbero dovuto essere pieni di vita e di colori, diventati neri, fumanti, tetri, un vero e proprio inferno.
Chi dice che in un luogo infernale come quello, il diavolo non abbia fatto capolino?
Alla fine del libro Arden ci spiega a quali domande ha tentato di dare risposta con questo libro, una di queste era: cosa farebbe il diavolo (il tentatore ammaliante) in un luogo in cui gli uomini non hanno più nulla da offrire, neanche la loro anima?
Così l’autrice riprende l’idea del diavolo carismatico, il tentatore faustiano che in questo caso non può pretendere un’anima, poiché gli uomini disposti a patteggiare con lui sono vuoti ormai, gusci ripieni solamente di ricordi traumatici.
Persino il diavolo si deve adattare al male che l’uomo ha avuto la capacità di creare.
“Un tempo Freddie lo avrebbe definito disumano, ma adesso non era più così ingenuo. Qualunque cosa fosse Faland, non era disumano. La disumanità si trovava là fuori, da qualche parte sul crinale.”
Per quanto riguarda i personaggi, l’autrice crea caratteri ben sviluppati, talmente sfaccettati perché “rotti”, spezzati dai traumi delle esperienze vissute e quindi ricchi di sfumature.
Arden non nasconde i tratti appuntiti dei personaggi, quelli più oscuri e pieni di ombre, ma li mette a fuoco, perché sono quelli ormai che li definiscono. Non l’infanzia, ma le ferite, i traumi, la paura, la paura di sperare e di amare soprattutto.
Tutto gira intorno a questi aspetti, dalle loro azioni ai legami che si creano, legami che sono indistruttibili per la loro natura, ma in particolar modo per le dinamiche che li hanno creati.
La cosa che ho apprezzato di più da questo punto di vista è che nessuna relazione viene forzata, gli elementi sono lì, spesso sotterrati sotto strati e strati di altri fattori (interni ed esterni), ma ognuno va al suo posto nel momento giusto, con naturalezza, e la sensazione finale è una di correttezza.
“Come si fa ad andare avanti dopo che tutto è finito?”
Con questo libro Katherine Arden ha analizzato la Prima Guerra Mondiale in ogni minimo particolare, storico e umano, geografico e fantastico, li ha uniti e valorizzati, creando una storia che arriva dritto al cuore.
Non riesco a trovare un difetto a questo libro; la costruzione, lo sviluppo, la narrazione, il ritmo, è tutto adeguato al tipo di storia e di atmosfera che l’autrice ha raccontato.
È un libro completo, che non lascia rimpianti né ripensamenti.
È un libro da rileggere, e sono certa che ad ogni rilettura si può trovare qualcosa di nuovo da cui lasciarsi emozionare.
È un libro indimenticabile.
Baci
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