The Invisible Life of Addie La Rue
Genere: Fantasy
Autore: V. E. Schwab
17 novembre
Una vita che nessuno ricorderà. Una storia che non dimenticherete mai.
Francia, 1714: in un momento di disperazione, una giovane donna stringe un accordo Faustiano per vivere per sempre ed è maledetta ad essere dimenticata da tutti coloro che incontra.
Così inizia la straordinaria vita di Addie LaRue e una stupefacente avventura che avrà luogo attraverso secoli e contineneti, tra storia e arte, mentre una giovane donna scopre quanto andrebbe lontano per lasciare un segno sul mondo.
Francia, 1714: in un momento di disperazione, una giovane donna stringe un accordo Faustiano per vivere per sempre ed è maledetta ad essere dimenticata da tutti coloro che incontra.
Così inizia la straordinaria vita di Addie LaRue e una stupefacente avventura che avrà luogo attraverso secoli e contineneti, tra storia e arte, mentre una giovane donna scopre quanto andrebbe lontano per lasciare un segno sul mondo.
Ma tutto cambia quando, dopo quasi 300 anni, Addie inciampa in un giovane uomo in una libreria nascosta e lui ricorda il suo nome.
RECENSIONE
Salve lettori!
È con gli occhi pieni di lacrime, un mal di testa incredibile, la faccia bollente e il cuore a pezzi, che vi parlo di “The Invisible Life of Addie LaRue”, l’ultima meraviglia creata da Victoria Schwab.
È uscito il 6 ottobre in inglese, ma la carissima OscarVault lo farà uscire il 17 novembre anche in italiano, che siano benedetti!
Ma parliamo di cosa dovrete aspettarvi.
È con gli occhi pieni di lacrime, un mal di testa incredibile, la faccia bollente e il cuore a pezzi, che vi parlo di “The Invisible Life of Addie LaRue”, l’ultima meraviglia creata da Victoria Schwab.
È uscito il 6 ottobre in inglese, ma la carissima OscarVault lo farà uscire il 17 novembre anche in italiano, che siano benedetti!
Ma parliamo di cosa dovrete aspettarvi.
Adeline LaRue è nata a Villon-sur-Sarthe, in Francia, alla fine del 1600, è cresciuta lì e morirà lì, in quei pochi metri quadrati che ha sempre calpestato. E ciò la terrorizza. Addie non è come le altre ragazze di Villon, non è come la sua amica Isabelle, che non sogna di visitare altre città, si è sposata e ha avuto dei figli appena raggiunta l’età adatta.
Addie vuole andare con il padre nella città più vicina, vedere cosa c’è al di fuori di Villon, vuole essere libera, disegnare, sognare, non vuole sposarsi, non vuole avere figli, non vuole appassire senza avere la possibilità di sbocciare.
Teme il tempo che passa, i compleanni che si susseguono, l’età che aumenta e il marito che i genitori la costringono a prendere.
Ma Addie è testarda e scappa, terrorizzata prega i vecchi dei di Estele, l’anziana donna che non crede nel nuovo Dio circondato da mura.
I suoi dei regnano all’esterno, si fanno richiamare dai doni e dagli elogi, sono incostanti, difficili da convincere e pericolosi, soprattutto quelli che rispondono di notte.
Nella sua fretta e paura, Addie finisce per richiamare proprio il dio da cui sarebbe dovuta stare lontana: l’oscurità, il diavolo, la notte stessa.
Non ha bisogno di un nome né di regali, ma di anime. E Addie è talmente disperata che vende la sua per l’eternità in cambio della libertà, di vedere il mondo, di vivere.
Così ha inizio la seconda vita di Addie LaRue, lunga, silenziosa, invisibile, senza traccia.
O forse il tempo le regalerà le armi di cui ha bisogno, le consapevolezze che le permetteranno di sviluppare un metodo, di piantare idee.
E quell’oscurità che tanto desidera la sua disfatta potrebbe essere un inconsapevole, eccellente maestro.
“«Non dimenticarmi nel frattempo.» Una vecchia abitudine. Superstizione. Una preghiera.
«Come potrei?» Sorride come se fosse una battuta. Ma Addie sa, mentre si costringe a scendere le scale, che sta già accadendo. Sa che nel momento in cui lui chiuderà la porta, che lei non ci sarà più.”
«Come potrei?» Sorride come se fosse una battuta. Ma Addie sa, mentre si costringe a scendere le scale, che sta già accadendo. Sa che nel momento in cui lui chiuderà la porta, che lei non ci sarà più.”
Lettori, “The Invisible Life of Addie LaRue” non è perfetto, non è un capolavoro, è un pugno nello stomaco, inaspettato e inevitabile.
È un libro lungo, non tanto per le pagine quanto per i secoli che comprende; iniziamo questo viaggio nel 1698 e lo viviamo nel 2014, non ci vengono raccontati tutti i 300 anni, ma il passaggio si sente, ne siamo consapevoli.
Inoltre, il modo in cui Addie li ha vissuti non permette leggerezza e frivolezza; Addie vive in un perenne inizio, non può mettere punti o virgole, non può scrivere la parola fine. La sua giornata è una frase che resta incompiuta e che ricomincia con uno sguardo confuso, scuse, nomi fasulli, eterni déjà vu.
E Addie ovviamente non addolcisce la pillola, ogni sua parola è diretta e crudele, sottolinea la difficoltà, la tristezza, la solitudine, la malinconia.
Addie è un fantasma, uno spirito che non lascia tracce: cammina e non ci sono impronte; rompe oggetti e questi ritornano integri; non può scrivere né disegnare, non può dire il suo nome né raccontare la sua storia.
È una vita pesante da sopportare, dimenticata da tutti, incapace di lasciare un segno nel mondo, un ricordo in una mente, una traccia indelebile.
Ma Addie è testarda e non può cedere, ha una guerra da combattere, un nemico a cui non dare la soddisfazione di vederla cedere, piangere, pregare.
Così Addie ci racconta 300 anni di storia, di guerre e rivoluzioni, filosofi e artisti, invenzioni e scoperte, paesi e città, di un 29 luglio che si ripete all’infinito, un anniversario a cui non intende mettere fine.
Ma ci parla anche di New York nel 2014, una città che, nonostante 300 anni di esperienze, le regala sempre qualcosa di nuovo da scoprire e un ragazzo che potrebbe donarle tutto ciò che aveva perso tanti anni prima.
Tre parole (quattro in italiano) che non avrebbe mai pensato di poter sentire, nonostante i desideri, nonostante le richieste sussurrate nella notte.
Inizia così una nuova vita per Addie, e anche per Henry.
Attraverso Henry Strauss, la Schwab ha mostrato le ansie del mondo contemporaneo, un mondo che va di fretta, in cui non ci si può fermare un attimo senza rischiare di restare indietro, persi, inutili. Un mondo che non ha pietà, che richiede certezze, consapevolezze, una sicurezza assoluta subito, altrimenti si rischia di non essere abbastanza.
Così, con metafore semplici ma dirette, la Schwab affronta quelle malattie “invisibili” e spesso ignorate, denigrate perché reputate simboli di debolezza o sottovalutate perché per troppo tempo sono state utilizzate in un contesto sbagliato.
“Si ferma allo scaffale delle MEMORIE, studiando i titoli sui dorsi, così tanti Io e Me e Mio, parole possessive per vite possessive. Che lusso raccontare la propria storia. Essere letti, ricordati.”
Da questo potete capire quanto ho amato la scrittura.
La Schwab ha la capacità di trasmettere anche i pensieri più semplici in modo poetico e toccante, ha una cura nella scelta delle parole e nella costruzione delle frasi invidiabile. Nessun concetto è troppo banale da non essere trasformato in un’opera d’arte a sé, frasi e parole diventano piccoli tesori disposti con maestria per far sognare il lettore.
La narrazione, come avrete capito, si sviluppa nel 2014, il presente, e a partire dal 1698 in poi, il passato di Addie.
Presente e passato, Addie a New York e Addie nel corso dei secoli, Henry e i diversi 29 luglio che hanno avuto un impatto importante nella storia di Addie con il suo nemico. Questo passaggio si ripete per tutto il libro e, devo essere sincera, stava per abbattermi.
Sono arrivata a una buona parte del libro non annoiata, ma quasi disperata perché stava diventando ripetitivo questo andare avanti e indietro, raccogliere poche informazioni a cui non poter dare un contesto, quest’assenza di futuro che permea tutta la storia, finché... esatto, c’è un “finché” ed è il più bello che io abbia mai scritto.
Perché è dopo quel “finché” che il cuore si spezza, viene tirato fuori dal nostro corpo e tritato in piccoli pezzettini che sarà difficile mettere al proprio posto.
La storia di Addie è triste, tutto il libro è consapevolmente tragico, ma dopo quel “finché” si raggiunge uno strazio ineluttabile.
Avrei dovuto aspettarmelo data l’esperienza con la Schwab, ma anche in questo si cela la sua bravura: è troppo brava nelle idee, nelle parole, nella narrazione, nei colpi di scena e nel trasmettere le emozioni.
“Essere dimenticati, pensa, è un po’ come diventare matti. Inizi a chiederti cos’è reale, se tu sei reale. Dopotutto, come può una cosa essere reale se non può essere ricordata?”
Dovrei dirvi altro? Forse, non lo so. Non credo abbia senso ciò che ho scritto, ma sto davvero buttando fuori tutto ciò che ho provato subito dopo aver chiuso il libro, e il mal di testa mi sta uccidendo, ma dovevo per forza parlarne subito.
Insomma, non credo sia il libro migliore della Schwab, sicuramente è unico, drammatico, indimenticabile, lascia un segno, anzi sette. Sette stelle, una piccola costellazione privata su un viso a forma di cuore dai tratti indefiniti...
Baci
Erika
Voto libro - 5
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