Mani sugli occhi


Genere: Romance

Autrice: Pitti Duchamp

L’amore può insinuarsi in una vita fatta di doveri e soddisfazioni professionali e demolire l’egocentrismo di un chirurgo oftalmico di fama internazionale? Può sostituirsi all’ambizione di una giornalista di talento e darle un’altra densità, modificarle lo spirito? Un uomo e una donna al centro delle proprie vite, concentrati sulle loro aspettative, sugli egoismi, sulla paura di distrarsi dai propri obiettivi, entrambi troppo adulti e solidi per scendere a compromessi e rinunciare a una parte di loro stessi. Un amore inaspettato che sovverte e disordina, squassa e stacca e non dà possibilità di scelta se non la fuga. Eppure, quando l’indipendenza si trasforma in solitudine, solo un sentimento profondo può riparare l’anima. Se una vocazione perde di significato è nell'amore che può tornare a recuperarlo. Aiace e Scilla sono la dimostrazione che non c’è età per scoprire quanto i sentimenti possano indurre al cambiamento.

Ciao Lettori,
riesco finalmente a mettermi sulla recensione di questo libro che ho messo un po’ di tempo a digerire. Mi ha lasciata pensierosa e in sovraccarico e non ho potuto leggere o scrivere per diversi giorni, avevo bisogno di metabolizzare.

Voglio chiarire, non pensate male, il libro mi è piaciuto tantissimo, perché anche se non ho apprezzato i suoi personaggi, mi hanno colpita e fatto riflettere e l'ho adorato, perché proprio questo devono fare i libri, colpire e far riflettere. Non tutti, certo, i libri hanno diversi scopi e sono umorali proprio come gli esseri umani che li creano, ma, per chi come me, vive libri e lettura come un processo catartico, uno degli scopi più apprezzati è proprio quello di colpire e riflettere.
Vi parlo di "Mani sugli occhi" di Pitti Duchamp, romance contemporaneo edito da Words Edizioni che ringrazio tantissimo per la copia recensione.

Come in tutti i romance, Pitti mette in piedi due protagonisti, una storia d'amore e un lieto fine, perché, parafrasando le sue stesse parole, se scrivi un romance ti devi attenere a certi canoni, altrimenti chi ti legge ne rimane deluso, e lei infatti si attiene ai canoni di massima, è quello che sta in mezzo che è un casino...

Amici e amiche, vi avviso sin da ora, per parlarvi di questo libro devo rivelare dettagli che scoprireste leggendo. Non sono dettagli fondamentali ma sono comunque piccoli spoiler, quindi se la cosa vi dispiace non proseguite.
Scilla Chiaravalle è la direttrice del settimanale di una testata giornalistica locale a Firenze, la incontriamo in un momento traumatico per lei, mentre si reca al centro oftalmico della città dove le diagnosticheranno un distacco della retina. Sarà visitata dal primario del reparto di chirurgia dove presto sarà operata.
Scilla, già dalle prime battute, è davvero sgradevole; tratta malissimo l'autista che l'accompagna in ospedale, si rivolge altrettanto male alle infermiere nel reparto e manda letteralmente a quel paese il primario. Ok, sono tre categorie che molto spesso non ispirano nessuna simpatia, soprattutto il primario, che la tratta neanche fosse l'ennesimo doppione dell'album di cui ti manca una sola figurina e lei ha i massimi sistemi che girano alla velocità della luce per il dolore e lo smarrimento di aver perso la vista, ma in ogni caso c'è un limite a quanto si può essere sgradevoli verso il prossimo (ecco, diciamo che non sono una fan della sgarbatezza gratuita).

La sua persona è riassunta molto bene proprio dallo stesso primario:

"È una donna volgare e aggressiva, ha un tono di voce insopportabile, stridulo e troppo alto. Tuttavia mi sono a trovato a desiderare che..."

Che... che... Eccovi Aiace Telamonio Scuderi, ma chiamatelo Dio. Un uomo con una missione, ma con il cuore lobotomizzato delle emozioni. Il professore Aiace Telamonio Scuderi ha sì una missione, ma più che perseguirla alla John Keating nell'Attimo Fuggente sembra Robocop. Solo una donna come Scilla - volgare e aggressiva - poteva riportarlo sul piano umano dallo stato di annichilamento emotivo in cui l'esimio verte. 
La cosa che ci fa riflettere è che non è con gli occhi che la guarda, nonostante Scilla sia una donna bellissima, no... ne nota la voce e la forza, poi il profumo inebriante, l'eleganza quando si muove, dettagli che insieme creano un corpo e solo alla fine un essere compiuto.

Lei di lui non si ricorda niente, non poteva vederlo, non sa com'è, l'unica cosa che ha superato la barriera del dolore e dello spavento sono le sue mani sul suo viso, morbide, calde, gentili. Le mani di Aiace hanno lasciato un incantesimo sulla pelle di Scilla, il loro sfiorarla la trasporta in un luogo di sensazioni avvolgenti e calore, l'hanno resa schiava, usando le sue stesse parole.
Questi due protagonisti si sentono. Si trovano. Nonostante nessuno dei due si stesse cercando.

La straordinaria reazione del professore a Scilla prosegue il giorno dopo; a causa del ritardo del chirurgo che la doveva operare, Aiace si trova Scilla sotto i ferri, prova per lei un senso di possessività e protezione di cui non si capacita. Dopo la sua operazione, sorprendentemente prima di tutto per lui, si ritrova in taxi a riaccompagnarla a casa e passa la notte al suo capezzale perché per uno sciopero non riesce a tornare a casa. 
Inizia così la loro relazione clandestina, clandestina perché Aiace è legato ad Agnese, anche se il termine “legato” è un parolone per quello che c'è tra Agnese e Aiace. 
Agnese non è una compagna, è una presenza asettica con benefici:

"Mi fa stare bene vivere nella bellezza, ho bisogno che tutto intorno a me sia ordinato, piacevole e mi trasmetta senso di serenità, in modo che possa rimanere concentrato sulla mia missione medica".

E in questo quadro Agnese si sposa perfettamente: sono compagni da moltissimi anni e lui non ha mai accettato di vivere insieme; neanche dormono insieme, dopo il sesso, concesso quasi come il miracolo da un santo, lei deve andarsene a casa sua. Non le è consentito nemmeno toccare le sue cose, sia mai che esprimano un minimo di confidenza in più in ospedale. Non escono insieme se non dietro formale invito e quando parlano c'è sempre di mezzo il padre di lei, morto, il mentore del professore. Lui sta con Agnese solo per rispettare la memoria del padre.
Oddio, mentre leggevo non sapevo se avevo più voglia di prendere lui a ferro da stiro bollente in faccia o Agnese per le spalle e gridarle "Brutta cretina, ma ce l'hai o no la spina dorsale? Non hai un minimo di amor proprio?"
No, lei non è felice, ma non si lament, si accontenta di magiare dalla sua mano le briciole di sé che è così magnanimo di concederle. 

La relazione continua, in poco tempo Scilla diventa un'ossessione per il professore, lo deconcentra, lo distrae, deve averla vicina per ritornare padrone di sé stesso, quasi volesse fagocitarla.
Scilla però è sfuggente, sa di essere l'amante (non è consapevole dei privilegi che le sono profusi perché non ha idea di come venga solitamente trattata la compagna ufficiale), ma si rende conto che i limiti che si sono imposti diventano sempre più sfuggenti e fuori controllo, fino a che Scilla realizza di essersi innamorata.

La Duchamp descrive il loro rapporto con delle frasi intense che mi hanno trasmesso la profondità di quello che i due personaggi provano. Ho sottolineato più frasi in questo libro che in tutti quelli letti l'anno scorso per prenderne spunto per la recensione, e non posso riportarle tutte perché poi non vi lascerei nulla da leggere.

Nel frattempo le loro vite procedono come due treni che corrono su binari opposti. Lei subisce l'ennesima tirata in ufficio, i suoi colleghi le scavano la fossa intorno ai piedi. A lui offrono il posto che agogna da una vita.
Si separano.
La seconda parte del libro descrive la loro vita su due binari paralleli, cosa provano, come maturano i loro successi. Una frase riassume i loro sentimenti reciproci:

"Ci sono persone che sono adatte al matrimonio e altre, come te, che hanno bisogno di spazi, almeno fino a quando la loro indipendenza non comincia a pesare, a diventare negativa." [...] "La tua indipendenza è diventata solitudine."

L'ultimo personaggio femminile del libro è Nausica, la sorella. Personaggio inverosimile, è descritta come un putto felice. Tutto intorno a lei è pace e serenità, esattamente l'opposto di Scilla. Come fossero gli estremi di uno stesso filo.

Questo libro si presta a varie interpretazioni, la prima è il rapporto uomo/donna. Il rapporto Aiace/Scilla è uno scontro tra titani, entrambi forti, entrambi sicuri di sé... ma Aiace è un maschilista prevaricatore; Scilla è una cantastorie, fa un lavoro del tutto inutile rispetto al Dio che ridona la vista ai ciechi e quindi si deve piegare alle sue esigenze. E il peggio di Aiace è che non se ne accorge neanche, per lui il suo comportamento è del tutto normale. Scilla, grazie a Dio, quello vero, si rende conto del male che le fa il comportamento di Aiace e si difende e rivendica la sua indipendenza e il suo valere come donna e come professionista.

Il rapporto Aiace/Agnese è aberrante, lei è un chirurgo affermato e lui ne riconosce il valore professionale, ma la annulla, la azzera come donna. La riduce a una presenza di comodo, anche un po’ fastidiosa a dirla tutta.
E lei glielo concede, quanto più lui la umilia tanto più lei ne rimane soggiogata. L'unico rapporto più o meno sano è quello tra la sorella di Scilla e il di lei marito.
Anche l'ambiente professionale descritto da Pitti Duchamp è molto realistico e tagliente.

Un'altra riflessione riguarda i profili femminili e più in generale la donna di Pitti Duchamp. Scilla e Agnese, forse meno Nausica che a mio avviso è usata come un raggio di sole in un quadro femminile altrimenti troppo buio, non sono personaggi finti ma persone in carne e ossa. Sono donne reali, donne contemporanee anche se così diverse.  Agnese, bella, intelligente, anche lei arrivata, ma che invece di affermare sé stessa si annulla per un uomo e si fa schiava. È forse la rappresentazione femminile che mi ha fatto più male, perché è quella più vera, ancora mi fa male parlare di lei. 
La figura di Scilla è quella di una donna moderna, autodeterminata e indipendente che ha tantissimi pregi e basta a sé stessa, ma che non si rende conto che tendere la mano per chiedere aiuto non è un’ammissione di sconfitta. 

All'inizio ho detto che ho trovato Scilla sgradevole, perché gratuitamente sgradevole con il prossimo. Trovo ancora che quelle battute iniziali male si sposino con il personaggio brillante e complesso sviluppato in seguito, ma mi ha fatto molto riflettere questa superdonna, agguerrita e indipendente e focalizzata anche lei sulla carriera proprio come Aiace, e proprio come lui sola.
Non c'è nessuno nella vita di questi due personaggi. Scilla ha la sorella, che le resta accanto solo perché ha lo stesso spirito di Madre Teresa di Calcutta, perché chiunque altro non dico avrebbe tagliato i ponti, ma certamente sarebbe stato meno disponibile con lei. Come si fa ad essere così soli da non avere asssolutamente nessuno che ti accompagni in ospedale per un intervento? Non dico un familiare, ma un amico, qualcuno da chiamare per dirgli “senti, devo farmi un piccolo intervento, mi accompagni/vieni a prendere/dai una mano?” Quanto è sola una persona così? E vi porge questa domanda una che è l'opposto della socievolezza, una che ha amici che terminano molto prima della conta delle dita di una mano.

Ne vale davvero la pena?
Ecco perché mi è piacituo questo libro, perché mi ha colpito e fatto riflettere.
Ho molto apprezzato anche lo stile di Pitti Duchamp che non avevo mai letto e posso davvero confermare le parole che le ha dedicato Anita Sessa della Words Edizioni durante la conferenza stampa per l'uscita del libro: “Pitti scrive storie originali politicamente scorrette.” 
Per chiudere vorrei evidenziare le poche cose che del libro non mi sono piaciute. Ho già segnalato qualche incoerenza nel personaggio di Scilla, la sua ingenuità sul posto di lavoro è una di quelle. Un personaggio così tosto difficilmente avrebbe reagito come lei nella sua stessa situazione.
Il finale è un po’ affrettato, è come se a un certo punto la Duchamp si sia accorta che il tempo stava per scadere e sia saltata alla parola fine.

Qualche curiosità per i lettori a cui piacciono i “dietro le quinte”: Pitti ha descritto sé stessa quando ha parlato della malattia e della convalescenza di Scilla, perché lei in prima persona ha subito quell'intervento e l'ispirazione di questo libro nasce dalla fortissima impressione che le mani del professore che l'ha curata hanno lasciato su di lei. Anche il mondo editoriale che ha descritto così bene è stato vissuto in prima persona, nel bene e nel male degi eventi trattati. Infine, è sempre a lei che si gelano mani e piedi quando fortemente emotivamente scossa.

Voto libro - 4.5




 

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