La stagione dei ragni


Genere: Thriller
Autrice: Barbara Baraldi

09 giugno 2021

È una notte d’estate del 1988, e a Torino si verifica un evento inspiegabile: il ponte Vittorio Emanuele I è completamente invaso da colonie di ragni, con lunghissime ragnatele sul parapetto che porta al santuario della Grande Madre. Quasi un prodigio, che attirerà decine di curiosi. Intanto il sostituto procuratore Francesco Scalviati si trova dalle parti del Pian del Lot, sulla scena di un crimine: una coppia di fidanzati uccisi in macchina in un luogo solitario. È il terzo, feroce omicidio che sembra imputabile alla stessa mano. Un caso cruciale e insidioso per il magistrato, in un momento particolarmente delicato della sua vita, visto che sta per diventare padre. Tra i presenti sulla scena c’è anche Leda De Almeida, giornalista investigativa con un passato traumatico in Libano, che Scalviati tenta di dissuadere dall’intraprendere un’indagine autonoma che potrebbe rivelarsi pericolosa. Ma a dare una svolta imprevista agli eventi sarà l’arrivo di Isaak Stoner, giovane e arrogante analista dell’FBI, che offre a Scalviati i nuovi potenti strumenti della criminologia, come il profiling e la teoria degli omicidi “seriali”, ancora sconosciuti in Italia. Seppur affascinato da queste idee innovative, Scalviati non riesce a fidarsi completamente del collega americano, convinto che nasconda un segreto. Nel frattempo, si avvicina il giorno del parto per sua moglie: sarà una bambina, ma i due non riescono a deciderne il nome. Proprio allora, il “mostro” colpisce di nuovo...

Sulle note dei Simple Minds, dei Duran Duran e dei primi Litfiba, Barbara Baraldi ci trasporta nella città italiana più misteriosa ed esoterica, in una corsa a perdifiato tra le paure e le ossessioni di un’epoca.


Ciao Lettori,
il libro di oggi si intitola "La stagione dei ragni" scritto da Barbara Baraldi e edito dalla Giunti, che ringrazio per la copia cartacea.
Il libro apre una nuova serie di gialli che vedono come protagonista il sostituto procuratore Francesco Scalviati alla fine degli anni '80 a Torino.
Il titolo non è scelto a caso, il libro si apre proprio con la descrizione di un fenomeno molto particolare che vede una colonia di enormi ragni popolare e invadere il ponte Vittorio Emanuele I nell'estate dell'88, anno in cui si svolgono i fatti narrati nella nostra storia. E un ragno è anche l'assassino a cui Scalviati dà la caccia.
Torino è teatro di omicidi le cui vittime sono coppie in cui l'uomo è ucciso a colpi di pistola e la donna privata di un organo estratto dopo la morte. Descritto così a noi lettori moderni, la prima parola che viene in mente è "Serial Killer". Ma ciò che a noi, oggi, sembra scontato, non lo è affatto per gli inquirenti degli anni '80 per cui il concetto di "Serial Killer" è un concetto che non ha nessun senso, perché non esiste. Gli "omicidi seriali", cioè ad opera di un unico soggetto che uccide con un preciso disegno criminale, non sono mai stati contemplati e solo in quegli anni iniziano ad affacciarsi dall'America le teorie di “profiler” e "polizia scientifica" moderni. Ci dobbiamo calare nel momento e ricordare che alla fine degli anni '80, oltre a non esistere il concetto di serial killer, non esisteva Internet e tantomeno i cellulari.
Scalviati, il sostituto procuratore a cui sono affidate le indagini dei primi omicidi, è l'unico a intuire che dietro quelle uccisioni ci sia un unico soggetto, ma non ha elementi sufficienti a provarlo e l'idea viene immediatamente archiviata come non plausibile ai piani alti della Procura. Ma la Procura sta cambiando e Scalviati non è il solo ad essere aperto a nuovi metodi di indagine. Trova un valido alleato nel capo della polizia scientifica De Cara che recentemente è stato in America proprio in occasione di un congresso per illustrare le più innovative tecniche di analisi scientifica delle scene del crimine e delle prove. Un altro alleato Scalviati lo trova in Isaak Stoner, agente dell'FBI a Torino sulle tracce di un pluriomicida che aveva sconvolto San Francisco quasi 15 anni prima; e infine in Leda De Almeida, cronista de "La Stampa" con un passato da giornalista da inchiesta nelle zone di guerra.
Scalviati, Stoner e De Almeida sono i personaggi principali di una storia complessa e misteriosa, che affonda le sue radici in una Torino esoterica ricca di mistero e magia nera. Come nei migliori noir, Torino non fa solo da sfondo agli eventi narrati, ma ne è protagonista.
La Baraldi reinterpreta fatti di cronaca realmente accaduti nella città e li riveste in chiave gialla per la sua storia, riesuma teorie esoteriche che vedono la città al centro di triangoli di magia nera e bianca, la ammanta di fascino e mistero.
Ma la Baraldi non si limita a costruire un'indagine complessa e coinvolgente, trova spazio per descriverci le difficoltà, le paure, i timori che i suoi protagonisti vivono nella vita privata, che scorre molto spesso parallela alla loro vita lavorativa.
Il libro è narrato in terza persona e questo non ci permette di entrare direttamente nella psiche dei personaggi, ma l'autrice ha il talento di trasmettere il personaggio attraverso le sue azioni e i suoi modi, così che riusciamo, con lo scorrere delle pagine, a comprenderne poco a poco anche il carattere e le peculiarità. Ho fatto fatica a inquadrare il nostro magistrato, chiuso, introverso, ermetico; di sua moglie, sfuggente e quasi fredda, della giornalista, tormentata ma determinata. Ma alla fine del libro ho realizzato di aver capito molto di loro. Tuttavia, la terza persona è un espediente che permette all'autrice di descriverci la storia da più punti di vista, alternando spesso il fuoco dei capitoli sui diversi personaggi di volta in volta coinvolti in prima persona nell'indagine.
Mi rendo conto che questa non è la mia classica recensione e che molto poco ho raccontato della trama del libro. Un po’ perché, a mio avviso, i gialli non vanno troppo analizzati o descritti per non rischiare di svelare inavvertitamente troppo e un po’ perché ho trovato quest'opera molto complessa per tutti i temi che la scrittrice mette in campo e ho difficoltà a descriverveli tutti. Per questo attingerò soprattutto alle note della scrittrice in cui molto ci viene rivelato: il tema del “serial killer”, le cui teorie vengono sviluppate alla fine degli anni '80, si sposano con gli omicidi del mostro di Firenze che tanto hanno impressionato la scrittrice allora ragazza, soprattutto perché prima di allora in Italia non si era mai sperimentata la paura sociale, la percezione del pericolo che ti segue ovunque perché la città non è sicura, Internet agli albori, l'ostruzionismo in procura verso quegli inquirenti che sposano le nuove e innovative tecniche di indagine, ricordandomi di come Falcone e Borsellino fossero tacciati di indagare contro i fantasmi perché “la mafia non esiste” dai loro stessi colleghi, i triangoli esoterici a cui Torino viene associata.
Se non è la mia prima recensione che leggete, avrete ormai capito che non sono una lettrice monotematica, ma che mi piace spaziare tra molti generi, anche se per ogni genere sono molto esigente. Non sono un'accanita lettrice di gialli, ma prediligo quelli in cui largo spazio è lasciato all'indagine, mi piace molto quando è palesato e ben descritto il lavorio della ricerca mentre questa viene elaborata, quando lo scrittore mette insieme i pezzi del puzzle uno a uno e nel frattempo descrive al lettore perché ha scelto proprio quel pezzo. E questo è proprio il caso della Baraldi, che costruisce una vicenda estremamente complessa e che abbraccia uno spazio geo-temporale molto ampio e una concatenazione di eventi molto ben orditi. Ho apprezzato davvero molto questo giallo, era da tempo che non ne leggevo uno tanto intrigante e ben intrecciato. Sono solo due gli elementi che non mi hanno convinta in questo giallo e ve li svelo perché nulla tolgono alla suspense della trama.
La scrittrice lascia un buco di trama. Il bambino, il figlio della prima vittima... chi l'ha portato in salvo? A un certo punto, l'assassino viene individuato, ma non si capisce bene come... Avrei apprezzato un paio di righe in più che spiegassero meglio il collegamento che ha permesso a Scalviati di arrivare alla soluzione del mistero.
Infine, due parole sulla copertina. Nell'unboxing del libro pubblicato nelle storie del blog ho accennato alla copertina particolare, ma il libro mi era appena arrivato e solo dopo ho notato altri dettagli: il motivo dei vetri spaccati in rilievo non è limitato al fronte della copertina, ma anche al retro e la seconda e la quarta di copertina non sono lasciate in bianco ma riportano in foto il monumento al traforo del Frejus di Torino. Una figura simbolica importante nella storia che si va a raccontare. Perché tanti dettagli nel descrivere l'aspetto del libro? Perché raramente ho visto edizioni in brossura così ben curate, di solito le case editrici destinano tanta cura ai libri rilegati.
Vi consiglio vivamente questo libro, è bello da vedere, è bello da toccare, è molto bello da leggere, anche per il clima, è una torrida estate anche quella di Scalviati.

Voto Libro - 4




 

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