La guerra dei papaveri
Orfana, cresciuta in una remota provincia, la giovane Rin ha superato senza battere ciglio il difficile esame per entrare nella più selettiva accademia militare dell'Impero. Per lei significa essere finalmente libera dalla condizione di schiavitù in cui è cresciuta. Ma la aspetta un difficile cammino: dovrà superare le ostilità e i pregiudizi. Ci riuscirà risvegliando il potere dell'antico sciamanesimo, aiutata dai papaveri oppiacei, fino a scoprire di avere un dono potente. Deve solo imparare a usarlo per il giusto scopo.
“Se c’era una cosa che Rin aveva imparato sulla storia del proprio paese, era proprio che la guerra nell’Impero nikariano era una costante.”
Miei cari lettori, che romanzo!
L’ho finito all’1 e mezza di notte, ero sconvolta ed emotivamente distrutta, incapace di formulare un pensiero coerente.
Ci ho messo tempo a leggerlo a causa di vari impegni e mi dispiace, ma una volta trovato il ritmo e raggiunto un certo punto della storia, mi è stato impossibile metterlo giù.
“La guerra dei papaveri” romanzo d’esordio della giovanissima R.F. Kuang è curato nei minimi dettagli ed è un progetto ambizioso, poiché ci sono filoni narrativi che, sono sicura, saranno importantissimi nei prossimi libri.
È scritto magnificamente, in un modo che alimenta continuamente la curiosità del lettore e non lo annoia. Ciò è importante soprattutto nella parte dedicata all’accademia, dove il lettore impara insieme a Rin la storia e la geografia del Nikan, strategia e arti marziali. È un primo libro ricchissimo di teoria, spiegazioni e descrizioni fondamentali; noi, come Rin, abbiamo bisogno di conoscere l’Impero, i suoi errori e i suoi segreti, per capire cosa sta succedendo e perché.
E, ovviamente, la trama è fantastica: la parte dell’Accademia, come ho detto, è teorica, statica, stiamo imparando e crescendo; da metà della seconda parte in poi, invece, le emozioni fanno un salto nel vuoto ed è impossibile riprendersi.
Ci sono scene molto forti, cruente, crudeli, che fa male leggere se si pensa che alcune sono successe o stanno succedendo, magari in luoghi che si considerano troppo lontani per poter fare qualcosa, ma per cui in realtà si dovrebbe fare di più.
Rin, la nostra protagonista, non è propriamente amabile, è scontrosa e sempre arrabbiata, sempre stressata, sempre in ansia, ma è comprensibile, è facile capirla e sostenerla. Ha avuto un’infanzia orribile, ha lavorato duramente per arrivare all’accademia e continua a non avere un attimo di riposo né ha trovato un ambiente positivo, viene presa in giro ed esclusa perché è una semplice orfana di provincia. Prende decisioni drastiche, ma necessarie, spesso dettate dalla rabbia che non si spegne mai.
Una volta fuori dall’accademia si rende conto di quanto vale davvero ciò che ha imparato, quanto sia forte la paura rispetto al desiderio di vendetta e quanto questo sia banale rispetto a ciò che sta accadendo nel suo paese.
Dovrà affrontare un percorso difficile e rinunciare a tanto, brucerà e ciò comporterà delle conseguenze.
Anche gli altri personaggi sono ben costruiti; ci sono gli odiosi, i dolci e gli indimenticabili, e non è detto che restino nelle stesse categorie.
“Il successo richiedeva sacrificio. Il sacrificio significava dolore. Il dolore significava successo.”
La parte della magia mi è piaciuta tanto, adoro l’idea di un pantheon di dei che elargiscono poteri a degli eletti, persone che decidono consapevolmente di intraprendere un percorso che li condurrà alla pazzia. Il prezzo da pagare è altissimo, ma nel frattempo possono essere Dei scesi in terra, capaci di qualsiasi cosa.
“Come si fa a spiegare ai bambini cosa sia la forza di gravità prima che questi sappiano cosa significa cadere? Certe cose possono essere apprese tramite la memorizzazione, per esempio i libri di storia o di grammatica. Altre, invece, hanno bisogno di tempo per essere impresse nella mente, per avverarsi in quanto parte imprescindibile dello schema di tutte le cose.”
Insomma, “La guerra dei papaveri” mi è piaciuto tantissimo! Mi dispiace solo che emotivamente non sia riuscita a connettermi completamente; un po’ è stato il libro, per i motivi detti all’inizio sulla prima parte, ma do la colpa soprattutto agli impegni che non mi hanno permesso di leggerlo d’un fiato e alla mia testardaggine nel finirlo all’1 di notte. Ero troppo stanca per lasciarmi andare completamente alle emozioni, ma dentro di me sentivo che se fossi stata più attiva avrei pianto tante, tante lacrime!
Quindi, lo consiglio a chi ha voglia di iniziare una nuova avventura con una protagonista cinica e diretta, a chi non ha paura di seguire lezioni di storia e di strategia, a chi ama gli intrighi politici, a chi cerca un tipo di magia crudele e insaziabile, con la consapevolezza di andare incontro a descrizioni molto violente.
Il finale mi ha lasciato senza parole e non vedo l’ora (ti prego OscarVault non farci aspettare troppo, piango!) di leggere il seguito. Succederanno cose assurde (in senso buono) e incredibili, me lo sento!
Baci
Voto libro - 4
Il 1 di febbraio è uscito, finalmente, anche l’ultimo libro della trilogia “La guerra dei papaveri” di R. F. Kuang: “La dea in fiamme”.
Grazie alla casa editrice Mondadori per la copia eBook in anteprima.
Se non avete letto “La repubblica del drago” vi sconsiglio di continuare la lettura della recensione, purtroppo dovrò fare degli spoiler.
Rin è stata tradita ancora una volta. Nezha l’ha pugnalata alla schiena, l’ha consegnata agli esperiani, l’ha condannata a una vita da cavia.
Ma adesso Rin non è più sola, ha Kitay, e la sua àncora non la abbandonerà. Rin riesce a scappare e, dopo un enorme sacrificio e una terribile perdita, Rin e Kitay si imbarcano su una nave della regina dei pirati Moag e iniziano a pianificare la riconquista del sud del Nikan.
Rin si è fatta comandare fin troppo, si è affidata ad altri pensando che i loro desideri erano anche i suoi, ma ha finalmente capito cosa vuole davvero. Ha rinnegato il Sud troppo a lungo, ha rinnegato le sue origini, ha eliminato il suo accento, ha accettato gli insulti per il colore della sua pelle, ha iniziato a sminuire i cittadini del Sud lei stessa per trovare un posto nel Nikan, nel Nord del Nikan, la parte del paese che conta davvero. Ma adesso ha aperto gli occhi, adesso sa cosa deve fare, cosa conta davvero: il Sud.
Rin torna a casa, senza mai dimenticare chi è il vero nemico: la Repubblica, Esperia. Ma prima deve eliminare i soldati federati rimasti nel Nikan.
L’occidente ha paura degli sciamani, gli esperiani vogliono eliminare i loro dei, ma Rin ha visto il Pantheon, sa cosa è reale e non si lascerà più sottomettere. Non è più debole, non è più indecisa o insicura, non ha più bisogno di un capo da inseguire. Rin ha una dea dalla sua, la dea più forte e vendicativa del Pantheon, ha Kitay, ha una popolazione maltrattata da decenni in cerca di vendetta. Rin è pronta a conquistare e liberare il Nikan.
Ma prima deve liberarsi del suo nemico principale: Nezha.
Siamo giunti alla fine di questa trilogia. Nonostante lo sapessi già, adesso ho la sicurezza che R. F. Kuang è una vera professionista: anche questo terzo volume è fedele alla trilogia, la perfetta continuazione e il perfetto finale. La dimostrazione palese della bravura dell’autrice sono i personaggi: Rin, Nezha, Kitay, Venka hanno solo una ventina d’anni ma sono stati temprati nel modo peggiore possibile. Le guerre, le torture, la violenza; hanno sofferto fisicamente e mentalmente e l’autrice veicola tutto ciò con maestria e precisione, obiettivamente: ormai sono corrotti, è un dato di fatto, sperare in una svolta positiva è inutile, è un’illusione che può solo farci soffrire.
La verità è che qui si gioca il tutto per tutto, che ormai non sono più tre ragazzini della Sinegard (anche se vorrebbero tanto tornare a esserlo), adesso sono nemici, adesso hanno il potere di controllare un paese, adesso possono cambiare il mondo.
Ma il Nikan, purtroppo, non è mai stato un paese facile da governare: è spaccato, diffidente e razzista.
Riusciranno Rin e Kitay a renderlo un paese unito contro la minaccia occidentale?
O saranno costretti a inchinarsi?
Kitay è il mio personaggio preferito, silenzioso e assertivo, resta buono, giusto e fedele fino alla fine.
Nezha è un personaggio che ispira amore e odio: ha tradito Rin, ha tradito i suoi compagni, ma… ma i suoi sentimenti sono più forti di qualsiasi dovere.
Rin ha tentato in tutti modi di soffocare sé stessa, di ignorare il richiamo della Fenice, di fare ciò che secondo gli altri era la cosa giusta. Ma dopo essere stata tradita, ancora e ancora, Rin ha capito cosa desidera davvero e qual è l’unico modo per ottenerlo. Rin vuole che il Sud riconquisti la libertà, la dignità, la forza; sono stati sottomessi e sottovalutati troppo a lungo, adesso devono sollevarsi e dimostrare di valere, di essere persone.
Non può farlo da sola, però, e non può farlo con spade e soldati; ha bisogno degli dei, ha bisogno di sciamani, ha bisogno di un potere più grande, di un potere che scardina tutte le convinzioni degli esperiani.
Rin sta facendo di tutto per liberare il Nikan, e se da una parte si convince che sta trascinando il sud sfiancato in un’altra guerra per una giusta causa, dall’altra sa che le sue ragioni sono egoistiche: non vuole vincere per il Nikan, Rin vuole battere Nezha, vuole sconfiggere Esperia, vuole distruggere le convinzioni di sorella Petra e della Grigia Compagnia, vuole cancellare lo sguardo di superiorità e il sorriso di condiscendenza che le hanno rivolto per tutta la vita, perché è speerliana e gli speerliani erano barbari, perché è nikariana e i nikariani sono pecore, perché ha la pelle color fango, è politeista, è una sciamana, è pazza, è paranoica. Per tutta la vita Rin si è fatta il più piccola possibile, ma adesso ha aperto gli occhi, adesso lascerà bruciare la Fenice.
Come sempre la Kuang affronta argomenti scottanti quali la razza, la religione, la brutalità
delle guerre e le sue conseguenze, quelle che nessuno si ferma mai a considerare, con un tatto e una profondità quasi spaventose.
R. F. Kuang ci mette davanti a verità terribili in tutte la loro violenza e ingiustizia. Leggendo le sue parole è impossibile non pensare al nostro mondo, alle nostre guerre, alla nostra finta superiorità. È uno specchio talmente veritiero che è quasi spaventoso fissarne il riflesso.
Quello che ho apprezzato di più di questo libro è il focus sulle conseguenze della guerra.
Di solito i Fantasy si concentrano sempre sulla battaglia, fermandosi poi alla vittoria, mentre “La dea in fiamme” ci mette davanti alla cruda verità, spesso nascosta, della guerra: la carestia, le malattie, la povertà, la violenza fisica e psicologica, i traumi. La Kuang non solo ne parla, ma insiste, perché in fondo la sua trilogia è sempre stata reale, cruda.
Sapevo che avrei sofferto, non sapevo quando però. La Kuang sa bene come colpire e lo fa con una precisione quasi chirurgica. Pensavo di aver capito come sarebbe andata a finire, che Rin ormai non avesse più segreti, invece… invece il finale è stato un vero colpo da maestro. Terribile, ma l’unico possibile.
Alla fine del libro, poi, potete trovare anche le storie dal punto di vista di Nezha (di cui trovate la recensione sopra) tradotte.
Sono molto contenta di aver letto questa trilogia, non si annovera tra le mie serie preferite, ma non posso negarne la bellezza e soprattutto la bravura della sua creatrice.
R. F. Kuang è precisa nella costruzione, pulita nella scelta delle parole, studia le sue storie nei minimi dettagli, conosce perfettamente i suoi personaggi, e si vede. Non vedo l’ora di leggere “Babel”, la sua nuova opera che uscirà il 23 agosto in inglese.
Baci
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