Spare. Il minore

 


Genere: Autobiografia

Scritto da: Prince Harry

10 gennaio 2023

È stata una delle più strazianti immagini del Ventesimo secolo: due ragazzini, due principi, che seguono il feretro della madre sotto gli occhi addolorati e inorriditi del mondo intero. Mentre si celebrava il funerale di Diana, principessa del Galles, miliardi di persone si chiedevano quali pensieri affollassero la mente dei principi, quali emozioni passassero per i loro cuori, e come si sarebbero dipanate le loro vite da quel momento in poi. Finalmente Harry racconta la sua storia. Con la sua cruda e implacabile onestà, "Spare. Il minore" è una pubblicazione epocale. Le sue pagine, dense di analisi e rivelazioni, sono frutto di un profondo esame di sé e della consapevolezza - conquistata a caro prezzo - che l'amore vince sempre sul lutto.


Salve a tutti lettori! 
Oggi desidero parlarvi di un libro molto diverso (forse) da quelli che recensisco di solito: "Spare- Il minore", il libro autobiografico del Principe Harry, edito da Mondadori, uscito il mese scorso.
"Spare" è il racconto del vissuto del noto principe Harry Windsor d'Inghilterra. Diviso in 3 macrosezioni, la "riserva" (come lui spesso afferma di essere stato chiamato), o chi l'ha scritto per lui, ripercorre i momenti fondamentali della vita del principe, raccontandoci una storia che tratta di sofferenza, delusione, tradimento, pregiudizio, rinascita e self-empowerment.

"E com’era possibile che la vedessi con la stessa chiarezza del cigno che nuotava verso di me sul lago color indaco? Com’era possibile che sentissi ancora la sua risata, forte come il canto degli uccelli tra gli alberi spogli?"

Amici lettori, ho voluto leggere questo libro non tanto perché nutrissi qualche interesse particolare nei confronti della famiglia reale inglese, ma più per "deformazione professionale". Nei miei studi più recenti mi sto occupando proprio di autobiografie, autofiction, memorie, etc. e desideravo mettermi alla prova e vedere se fossi in grado di individuare, nell'autobiografia più discussa dell'ultimo decennio le strategie testuali, stilistiche e narrative che sono proprie di questo genere letterario. Ma prima di addentrarmi più nel dettaglio riguardo questi aspetti, risponderò ad un semplice quanto fondamentale quesito: il libro del principe Harry è un buon libro oppure no?
La mia risposta è sì, il libro del principe Harry è un buon libro, ahimè non un ottimo libro ma cionondimeno si fa leggere e apprezzare per lo più. È un buon libro sia per lo stile utilizzato che per la costruzione della storia. La prosa scorre, il ritmo risulta serrato, come all'inizio, e rilassato, come nelle lunghe scene descrittive, nei punti giusti. La lingua (io l'ho letto in traduzione e quindi bravissime anche le traduttrici) è naturale, né troppo impomatata nei momenti più alti né troppo banale nei momenti goliardici. C'è però di sicuro un ampio eccedere nel patetismo, che a volte può dare fastidio, ma mi è sembrato anche normale considerato il libro e la storia che ci vogliono raccontare.  

Prima di continuare, desidero spendere qualche parola sull'autobiografia per far comprendere meglio il perché del mio giudizio su questo libro. L'autobiografia viene spesso considerata come un resoconto in retrospettiva della vita di un autore, eseguita dall'autore stesso. Come tale, si tende a vederla come un documento fattuale, al pari di un reperto storico, che racconta tutta la verità e nient'altro che la verità. Questo è un errore. L'autobiografia è un genere narrativo al pari di qualsiasi altra opera che sia un horror, un fantasy, un giallo, etc., e come questi presenta una trama, momenti drammatici, dialoghi, caratterizzazione dei personaggi, ambientazioni, leggi di coerenza testuale...  Quello che differenzia un'autobiografia da qualsiasi altro genere letterario in realtà è ciò che il grande studioso Philippe Lejeune definisce "patto autobiografico". Il patto autobiografico è un patto che lega l'autore e il lettore in cui quest'ultimo riconosce che il personaggio al centro dell'opera, il Narratore e l'autore sono la stessa persona. Ciò non richiede per forza che tutto quello che vi si trovi scritto corrisponde a realtà, anzi un autobiografo può usare la finzione ogni qualvolta desidera per amore della sua opera. Un esempio lampante sono le conversazioni. Almeno che esse non siano state trascritte e conservate per anni, difficilmente esse sono riportate così come erano, tutt'al più vengono ricostruite dalla memoria, e la memoria, si sa, può ingannare. In virtù di ciò, ho deciso di leggere e giudicare l'opera come avrei fatto se avessi letto qualsiasi altro romanzo senza preoccuparmi di cosa fosse "vero" o meno. 

Il libro del Principe Harry è caratterizzato da un inizio in medias res, "a cose fatte", che non corrisponde al momento della stesura ma poco dopo l'evento più tragico della vita dell'autore, la morte della madre. Escluso questo momento la trama procede secondo un ordine cronologico abbastanza lineare, senza troppi salti avanti o indietro nel tempo. Il libro si divide in tre parti (“Dal profondo della notte che mi avvolge”, “Sanguinante ma indomito” e “Capitano della mia anima”) che per struttura (e perché no anche per titolo) ricordano nientepopdimeno che la commedia dantesca (Inferno= l'inizio del viaggio, il periodo più oscuro, di perdita; Purgatorio = l'inizio della risalita, la presa di coscienza di qualcosa di più alto; Paradiso = il momento di massima ascesa e chiarezza). Con la Commedia dantesca "Spare" condivide anche qualche altro elemento ed essa non è l'unico classico da cui l'autore attinge per simboli, motivi, immagini e allegorie. Ci sono riferimenti più o meno espliciti a Frankenstein (il motivo del doppio incarnato dal protagonista e dal fratello, così simili ma così diversi, specchio l'uno dell'altro), al ciclo arturiano, a Shakespeare (la maggior parte, in particolare quello tra la sua vita e quella di Amleto è forse il più forte e il più evidente); tutti esempi di Mise-en-abyme (quando in un'opera si fanno parallelismi con altre opere). 
I personaggi hanno più o meno tutti una buona categorizzazione. Harry è il protagonista, l'eroe positivo. Ha commesso diversi errori nel suo percorso di crescita e forse è proprio per l'ammissione di questi stessi errori (che in un modo o nell'altro sembrano dipendere sempre da circostanze esterne) che ci appare tale. D'altronde diversamente non potrebbe essere poiché essendo tutto filtrato dal suo punto di vista, se non fosse affidabile, non potremmo credergli. Il padre è una figura che ho particolarmente apprezzato, viene infatti data una sua lettura come se fosse un personaggio tragico shakespeariano; talvolta si comporta malissimo e non è tutta colpa sua, ma del vero cattivo di questa storia: l'istituzione monarchica. Camilla ricalca lo stereotipo tradizionale della matrigna delle fiabe, più con Meghan che con lui, e il suo appiattimento come personaggio si osserva più in là rispetto all'inizio, dove sembra sì un personaggio negativo ma quantomeno più realistico. Mamma Diana è una presenza costante in tutta la narrazione, una figura angelica, spesso descritta con parole che appartengono al campo semantico della luce e del misticismo (lo stesso farà anche con Meghan, forse per creare un parallelismo fra le due). Del fratello ho già accennato qualcosa. Nel corso della storia vive un progressivo breaking bad, non diversamente dal padre.
 
"Non ci sarebbe stato nessun altro.
Il tavolo sarebbe stato a suo nome.
Meghan Markle."

E ora veniamo alla nota dolentissima, a lei, a Meghan. L'incontro con la futura principessa rappresenta per Harry un momento di cesura tra la sua vita passata e quella presente e questo va bene. Il problema è che a volte Meghan viene descritta in situazioni in cui ne esce fuori come un'"ingenua ragazza di campagna" (per esempio nell'incontro con la regina) ed essendoci stata precedentemente presentata come un'attrice, una donna in carriera, moderna, emancipata, viene davvero difficile figurarsela come tale. Capisco che l'intento sia quello di mostrare la purezza di Meghan e che si usi il suo status di outsider per dare una sensazione di "straniamento” al lettore rispetto agli usi dei Windsor, però in alcuni punti la mia volontaria sospensione dell'incredulità ha fatto davvero fatica. Lo stesso si potrebbe dire del passaggio in cui, dopo essere usciti dalla famiglia reale, Harry e Meghan, i due quasi disperati, si interrogano su come e di cosa vivranno in futuro. E sappiamo benissimo, anche solo avendo letto il libro, che i soldi non mancavano loro.

"Su, dai.
Sei libero.
«Vola via.»"

Per riassumere, il libro autobiografico del principe Harry è un libro che si fa leggere, e da un punto di vista letterario e narrativo è ben costruito. Ha un solo problema, l'intento memorialistico dell'autore schiaccia troppo alcuni momenti al punto tale che la consistenza narrativa viene a mancare. Non considerando che c'è chi potrebbe trovare alcuni momenti troppo patetici.

Voto libro - 3.5


















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