Nel silenzio delle nostre parole
Autore: Simona Sparaco
Genere: Narrativa
14 maggio
Non c’è morte che non presupponga una rinascita. Imparare a decifrarla può dare un senso a tutto ciò che resta. Persino alla cenere.
È quasi mezzanotte e una nebbia sottile avvolge la metropoli addormentata. In un palazzo di quattro piani, dentro un appartamento disabitato, un frigorifero va in cortocircuito. Le fiamme, lente e invisibili dall’esterno, iniziano a divorare ciò che trovano. Due piani più in alto, Alice scivola nel sonno mentre aspetta il ritorno di Matthias, il ragazzo che ama con una passione per lei nuova e del quale non è ancora riuscita a parlare a sua madre, che abita lontano e vorrebbe sapere tutto di lei. Anche Bastien, il figlio della signora che occupa un altro degli interni, da troppi mesi ormai avrebbe qualcosa di cruciale da rivelare alla madre, ma sa che potrebbe spezzarle il cuore e non trova il coraggio. È un altro tipo di coraggio quello che invece manca a Polina, ex ballerina classica, incapace di accettare il proprio corpo dopo la maternità, tantomeno il pianto incessante del suo bambino nella stanza accanto. Giù in strada, nel negozio di fronte, Hulya sta pensando proprio a lei, come capita sempre più spesso, senza averglielo mai confessato, ma con una voglia matta di farlo. Per tutti loro non c’è più tempo: un mostro di fuoco sta per stravolgere ogni prospettiva, costringendoli a scelte estreme per colmare quei silenzi, o per dare loro un nuovo significato. Con una straordinaria sensibilità e una scrittura che diventa più intensa a ogni pagina, Simona Sparaco indaga i momenti terribili in cui la vita e la morte si sfiorano diventando quasi la stessa cosa, e in cui le distanze che ci separano dagli altri vengono abbattute dall’amore più assoluto, quello che non conosce condizioni.
Salve lettori!
Oggi vi parlo di un romanzo davvero meraviglioso, che ha soddisfatto completamente le mie aspettative, se non addirittura superate. Si tratta del romanzo vincitore del premio Dea Planeta 2019 “Nel silenzio delle nostre parole” di Simona Sparaco, edito da Dea Planeta.
L'idea di questo romanzo è nata leggendo un articolo di giornale che parlava del tragico incendio che, nel 2017, ha colpito la Grenfell Tower di Londra, concentrandosi sulle storie delle persone che si trovavano all'interno del grattacielo. Storie che vedevano coinvolti genitori e figli, che per mesi hanno riecheggiato nella mente dell’autrice.
Da quel momento dentro di lei ha iniziato a prendere forma una storia che con sempre più urgenza chiedeva di essere raccontata. Una storia che non voleva essere un resoconto dei fatti realmente avvenuti, ma che, ispirata dalla cronaca, voleva indagare sulla complessità e sull’incapacità della comunicazione tra genitori e figli. E per farlo doveva creare dei personaggi che fossero solo suoi ma che portassero sulle spalle gli stessi grandi dilemmi delle persone di cui aveva letto in quel toccante articolo di giornale.
La storia si svolge a Berlino in un palazzo di quattro piani, e quando il sole sorge su quel venerdì 23 marzo, nessuno degli inquilini sa che in un appartamento del secondo piano, ormai abbandonato, è rimasto un frigo acceso che di lì a qualche ora, a causa di un cortocircuito, darà vita a un terribile incendio.
E partiamo proprio da loro, da questi personaggi così veri, così umani, così perfettamente tratteggiati.
Alice è una ragazza che studia architettura e si trova a Berlino per un Erasmus, ma da qualche tempo ormai lo studio è passato in secondo piano, perché nella sua vita c’è Matthias.
Il loro amore è nato così all’improvviso da cogliere entrambi alla sprovvista, ma è così vero da averli spinti ad andare a vivere insieme, per godere ogni giorno di questo sentimento così profondo e inatteso.
Le loro differenze caratteriali e culturali si fondono così bene tra loro che è facile credere che il loro legame sia per sempre. Dall’altra parte però Alice ha lasciato in Italia i suoi genitori: il padre Franco con cui ha una sintonia perfetta e la madre Silvana, da cui invece continua a fuggire, assillata dal suo essere eccessivamente apprensiva.
Poi c’è Naima, una donna ormai anziana costretta sulla sedia a rotelle da tempo a causa di una malattia degenerativa. Il suo più grande tormento è il figlio Bastien, ormai adulto, che si è irrimediabilmente allontanato dal bambino dolce e premuroso di un tempo. Adesso Bastien è un uomo che non riesce a comprendere in alcun modo e di cui non si fida, soprattutto ora che tutte le mattine ha preso l’abitudine di venire a fare colazione con lei, come se volesse chiederle qualcosa.
E in effetti Naima non ha tutti i torti. Bastien desidera davvero dirle qualcosa, sei parole per l’esattezza, ma Naima non può neanche immaginare di cosa si tratti, e nemmeno noi, silenziosi spettatori di questa triste vicenda.
Poi c’è Polina, una giovane ex ballerina che ha dovuto abbandonare il suo sogno di danzare per portare a termine una gravidanza improvvisa e indesiderata. Eppure non è riuscita ad abortire, mossa da un istinto più forte che non riesce nemmeno a definire. La gravidanza ha cambiato per sempre il suo corpo e ora si trova a convivere con un’esistenza che non le appartiene più e con un bambino che sente come un estraneo, che pretende da lei attenzioni che non sa come dargli.
E infine c’è Hulya, una ragazza che lavora nel negozio aperto 24 ore su 24 che si trova proprio di fronte al palazzo e che, da brava osservatrice, conosce quasi tutti i suoi abitanti. È segretamente innamorata di uno di loro ma non ha il coraggio di confessarlo.
“Quante parole ci diciamo che sono solo silenzio? Perché vorremmo dirne altre ma non abbiamo il coraggio di dargli voce.”
Tutti i personaggi citati hanno una cosa in comune: l’incapacità di dire quello che davvero vorrebbero dire alle persone che amano.
La giovane Hulya non ha il coraggio di confessare apertamente i suoi sentimenti e di opporsi alla vita che i suoi hanno già programmato per lei.
Polina non riesce a essere sincera con sé stessa, a comunicare con il figlio e ad ammettere che ha bisogno di aiuto.
Naima vorrebbe dire così tante cose al figlio Bastien, a cominciare dalla storia della loro famiglia e del perché quella casa è così importante per lei, così come Bastien si porta dentro tante di quelle cose che non ha mai rivelato ai suoi genitori, che ormai è più quello che non dice che quello che dice, abituato da sempre a nascondersi e a chiudersi in sé stesso. Tanto che adesso non riesce nemmeno a rivelare a sua madre quelle terribili sei parole che da mesi cerca invano di dirle.
E infine c’è Alice, il personaggio che inevitabilmente mi ha toccato di più, che ho sentito vicina a me fin dalle prime pagine. Alice che avrebbe mille cose da dire a sua madre, vorrebbe raccontarle del suo amore per Matthias per esempio, ma è molto più facile rifiutare le sue chiamate, rimandare le parole a un altro momento, perché tanto non capirebbe, inizierebbe subito a preoccuparsi per qualsiasi cosa come fa sempre. Così confida tutto a un quaderno che sa già non le farà leggere mai.
Quante volte ci comportiamo così? Quante volte affidiamo a degli estranei o a un pezzo di carta quelle parole che non riusciamo a far giungere ai veri destinatari? Quante volte per paura di non essere compresi, per vergogna, per orgoglio, per il timore di ferire, per proteggere un segreto, rimandiamo parole importanti, taciamo cose che in realtà abbiamo bisogno e desiderio di rivelare a qualcuno?
Tutto si svolge in meno di 24 ore.
Dopo un prologo che anticipa la tragedia che sta per piombare sulle vite dei personaggi, il romanzo ci riporta all’inizio di quella giornata, a conoscere ognuno di loro, camminando al loro fianco per tutto il giorno, nell’attesa sempre più angosciante di sapere chi di loro si salverà e se riuscirà a salvarsi, dal tragico destino che li attende.
Il fatto di sapere fin dall’inizio che alla fine di quella giornata il palazzo verrà divorato dalle fiamme ha reso la lettura ancora più intensa e incalzante.
Ogni dettaglio, anche quello più ordinario, si carica di un significato più importante e profondo, e l’autrice in questo è stata a dir poco bravissima. È riuscita a trasformare il racconto ordinario di una giornata qualunque per una decina di persone in una storia straordinaria e universale che non solo parla a tutti noi, ma parla proprio di noi.
Siamo noi quei figli che non riescono a comunicare con i genitori come quando erano bambini. Siamo noi quei genitori che si sentono impotenti di fronte al passare del tempo, che non sanno come fare per tenere i figli al sicuro, vicini a loro e che, incapaci di dare una forma diversa all’amore che provano e che li lega, finiscono per diventare apprensivi o diffidenti, perché è diventato l’unico modo in cui riescono a esprimersi. Siamo noi quei figli che, crescendo, diventano sempre più i genitori dei loro stessi genitori, come se la vita fosse un gioco in cui a un certo punto dobbiamo tutti scambiarci i ruoli e trovare il modo di andare avanti, anche se tutto è diverso.
L’incendio diventa così la spinta dolorosa ma necessaria per far uscire ognuno dei personaggi dal suo guscio e dai suoi pregiudizi, per spronarli a essere sinceri, a dare voce a tutte quelle parole che avevano soffocato nel silenzio per troppo tempo.
Questo è un romanzo che parla delle gioie e dei dolori dell’essere madre e dell’essere figlio, una storia che esplora il “legame ancestrale e indissolubile che unisce un figlio e chi lo ha messo al mondo”, come afferma la stessa autrice, ma anche la solitudine che caratterizza questi anni moderni, sempre più multiculturali eppure, nonostante ciò, ancora intrisi di pregiudizi. E lo fa in modo eccezionale e toccante, dando vita a un racconto così vero che potresti essere proprio tu uno dei personaggi di cui sta parlando.
Perché, per quanto possiamo essere caratterialmente, fisicamente e culturalmente diversi gli uni dagli altri, c’è una cosa che ci accomuna tutti, rendendoci meravigliosamente e terribilmente uguali: siamo tutti figli, siamo tutti umani.
“Nel silenzio delle nostre parole” è un romanzo che tutti dovrebbero leggere. È un ritratto così vero della natura umana che ci costringe a fare i conti con noi stessi, a guardarci per quello che siamo, ad ammettere i nostri sbagli e le nostre mancanze, spingendoci a porre rimedio subito, il prima possibile, perché non si può rimandare per sempre.
Perché così come sono imprevedibili le prime parole che pronunciamo una volta venuti al mondo, anche le ultime che diciamo prima di lasciarlo possono arrivare quando meno ce lo aspettiamo.
E non è un caso che la prima parola che pronunciamo in questa vita spesso coincida con la persona che cerchiamo appena prima che finisca. Perché quando il confine tra la vita e la morte diventa sottile, il nostro cuore torna sempre dalle persone che hanno fatto sì che battesse dentro di noi. E sarebbe bello se tutti riuscissimo a dire a chi amiamo quanto bene gli vogliamo, perché alla fine tutto quello che conta è l’amore che ci lega gli uni agli altri, senza condizioni.
Leggete questo romanzo perché, anche se vi farà piangere come è successo a me, vi lascerà con la consapevolezza che non esiste niente al mondo di più grande e forte dell’amore, e che solo questo può dare senso e speranza a quello che resta, anche quando la morte sembra portarsi via tutto. Perché c’è sempre qualcosa che resta, che resiste alla morte e al tempo che passa, ed è a questo che dobbiamo aggrapparci con tutte le nostre forze.
Voto libro - 5
0 comments