La ragazza che leggeva nel metrò
Autore: Christine Féret-Fleury
Genere: Narrativa
14 maggio
Tutti i giorni, a Parigi, Juliette prende il metrò: stessa ora, stessa linea. Quando non è troppo assorta in un romanzo, ama perdersi a osservare i lettori intorno a lei: il collezionista di libri rari, la studentessa di matematica, la ragazza che piange a pagina 247. Li guarda con curiosità, come se dai loro gusti letterari potesse entrare in qualche modo nella loro vita e dare colore alla sua, così monotona, così prevedibile. Fino al giorno in cui decide all'improvviso di scendere qualche fermata prima e fare una strada diversa dal solito per andare al lavoro: un cambio di percorso che segnerà la sua vita oltre ogni aspettativa. Perché in quelle strade sconosciute incontrerà Soliman, che vive circondato di vecchi volumi ed è convinto che un libro, se donato alla persona giusta, può cambiare il corso del destino. Grazie ai consigli e alla saggezza di Soliman, e all'esuberanza della sua figlioletta Zaïde, Juliette compirà un viaggio incredibile alla scoperta dei romanzi e di se stessa, che stravolgerà i suoi orizzonti per sempre.
Salve lettori!
Ultimamente non mi faccio sentire spesso, specialmente nell’ultimo
periodo, ma capitemi, la sessione estiva è iniziata e le date non sono
delle migliori.
Cerco comunque di farmi sentire per consigliarvi qualche bel libro (o almeno si spera) e stavolta vi parlo de “La ragazza che leggeva nel metrò” di Christine Féret-Fleury, uscito il 14 maggio per la Sperling&Kupfer, che ringrazio tantissimo per la copia cartacea.
Ogni mattina Juliette prende la linea 6 della metrò parigina per andare in ufficio e nel vagone succedono le cose più magiche. Ha sempre con sé un libro, ma immancabilmente la sua concentrazione va ai lettori che la circondano: l’uomo col cappello verde che legge un librone sugli insetti; la donna che guarda fuori dal finestrino assente, le mani appoggiate su un vecchio libro di cucina italiano; la giovane donna che legge romanzi rosa e ogni volta che arriva a pagina 247 piange.
Juliette non può fare a meno di fantasticare su queste persone, di osservarle per cercare di capire il motivo per cui hanno scelto proprio quei libri in cui perdersi con la mente.
Oltre alle sue fantasticherie libresche, la vita di Juliette è abbastanza monotona, finché una mattina non decide di cambiare strada e all’improvviso, attirata dalle parole enigmatiche di una bambina si ritrova nel posto che le cambierà la vita: la casa di Soliman.
Soliman è un uomo che ha abbandonato la vita vera e si è rinchiuso nel suo fortino fatto di libri. Non esce più, ma interagisce col mondo esterno attraverso i suoi LiberaLibri, un gruppo di volontari a cui affida dei libri da regalare.
Il lavoro dei LiberaLibri è quello di studiare le persone e donare loro il libro più adatto, quello che può aiutarli e renderli felici.
Poi devono riportare tutto a Soliman, che trascrive ogni piccolo dettaglio e che attraverso queste parole ritorna nel mondo esterno.
L’incontro con Soliman e Zaïde, sua figlia, sconvolgerà completamente Juliette, che metterà in discussione il suo lavoro, la sua vita e persino se stessa.
Lettori, ho finito questo libro in una giornata, è davvero molto breve, circa 200 pagine. Ma il fatto che l’abbia divorato non vuol dire che l’abbia amato.
Credo che l’aggettivo perfetto per definire questo libro sia astratto. È una sorta di sogno in un mondo fin troppo reale e crudele, un viaggio personale e collettivo verso l’infinita possibilità di avventura, un grido per superare le proprio paure e accettare i propri dolori. E tutto grazie ai libri, presenze viventi che respirano, comunicano, osservano, scelgono e rassicurano. Mi è piaciuta questa visione dei libri come di esseri con una propria volontà il cui scopo è quello di trovare la persona giusta a cui cambiare la vita.
E quale luogo migliore da cui partire se non l’ufficio di Soliman, un fortino fatto di libri, un posto talmente assurdo e caotico che potrebbe benissimo essere uno di quei luoghi che in qualsiasi mondo o tempo si trovi avrebbe sempre lo stesso aspetto, come dice Juliette. Un punto fisso rassicurante e allo stesso tempo un ipocentro di scelte e cambiamenti sconvolgenti.
Anche i discorsi, un po’ come la storia, sono volatili, repentini, hanno un che di filosofico. Sono quei discorsi fatti di belle parole e bei pensieri, che lasciano quel pizzico di confusione mischiata a una sorta di riflessione.
È una storia necessariamente veloce, perché basta il minimo tremore e tutta la fantasia creata dalle parole della scrittrice rischierebbe di cadere, la magia dei libri citati e dei pensieri sfuggenti, sfilata maldestramente. Ma basta riprendere una frase e subito la storia si ricostruisce, le pareti di libri di Soliman si riformano, la saggezza della piccola Zaïde ci ricopre e le paure di Juliette ci fanno rispecchiare in lei.
L’abilità della scrittrice con le parole, la sua abilità nel creare “pensieri-farfalla” è un pregio di questo libro, riesce davvero a farci immergere in quest’angolo nascosto di Parigi, ma sfortunatamente non ci permette di affezionarci ai personaggi o di restare in quel luogo magico e pieno di speranza anche dopo aver concluso la lettura.
“La ragazza che leggeva nel metrò” è sicuramente un libro interessante, scritto benissimo, con quel tocco di filosofico dato dai discorsi astratti, ma oltre qualche ora con dei personaggi bizzarri e profondi, non lascia molto altro. E credo che questa sia la cosa che mi è dispiaciuta di più, non ottenere nulla da questo libro se non una lettura diversa dalle solite.
Credo che il problema sia nel fatto che non è abbastanza reale, è come se fosse una realtà nella realtà, quindi il lettore può immedesimarsi fino ad un certo punto, perché poi si rende conto che è troppo per essere credibile. E lo dice una che legge fantasy.
Per concludere, lo consiglio a chi vuole intraprendere una lettura diversa, veloce e non troppo pesante, con numerosi riferimenti letterari, un po’ volatile e a tratti poetica.
E poi ha una cover molto bella, elegante.
Baci
Cerco comunque di farmi sentire per consigliarvi qualche bel libro (o almeno si spera) e stavolta vi parlo de “La ragazza che leggeva nel metrò” di Christine Féret-Fleury, uscito il 14 maggio per la Sperling&Kupfer, che ringrazio tantissimo per la copia cartacea.
Ogni mattina Juliette prende la linea 6 della metrò parigina per andare in ufficio e nel vagone succedono le cose più magiche. Ha sempre con sé un libro, ma immancabilmente la sua concentrazione va ai lettori che la circondano: l’uomo col cappello verde che legge un librone sugli insetti; la donna che guarda fuori dal finestrino assente, le mani appoggiate su un vecchio libro di cucina italiano; la giovane donna che legge romanzi rosa e ogni volta che arriva a pagina 247 piange.
Juliette non può fare a meno di fantasticare su queste persone, di osservarle per cercare di capire il motivo per cui hanno scelto proprio quei libri in cui perdersi con la mente.
Oltre alle sue fantasticherie libresche, la vita di Juliette è abbastanza monotona, finché una mattina non decide di cambiare strada e all’improvviso, attirata dalle parole enigmatiche di una bambina si ritrova nel posto che le cambierà la vita: la casa di Soliman.
Soliman è un uomo che ha abbandonato la vita vera e si è rinchiuso nel suo fortino fatto di libri. Non esce più, ma interagisce col mondo esterno attraverso i suoi LiberaLibri, un gruppo di volontari a cui affida dei libri da regalare.
Il lavoro dei LiberaLibri è quello di studiare le persone e donare loro il libro più adatto, quello che può aiutarli e renderli felici.
Poi devono riportare tutto a Soliman, che trascrive ogni piccolo dettaglio e che attraverso queste parole ritorna nel mondo esterno.
L’incontro con Soliman e Zaïde, sua figlia, sconvolgerà completamente Juliette, che metterà in discussione il suo lavoro, la sua vita e persino se stessa.
Lettori, ho finito questo libro in una giornata, è davvero molto breve, circa 200 pagine. Ma il fatto che l’abbia divorato non vuol dire che l’abbia amato.
Credo che l’aggettivo perfetto per definire questo libro sia astratto. È una sorta di sogno in un mondo fin troppo reale e crudele, un viaggio personale e collettivo verso l’infinita possibilità di avventura, un grido per superare le proprio paure e accettare i propri dolori. E tutto grazie ai libri, presenze viventi che respirano, comunicano, osservano, scelgono e rassicurano. Mi è piaciuta questa visione dei libri come di esseri con una propria volontà il cui scopo è quello di trovare la persona giusta a cui cambiare la vita.
“Questo libro è formidabile.
Vi renderà intelligenti.
Vi renderà felici.”
Vi renderà intelligenti.
Vi renderà felici.”
E quale luogo migliore da cui partire se non l’ufficio di Soliman, un fortino fatto di libri, un posto talmente assurdo e caotico che potrebbe benissimo essere uno di quei luoghi che in qualsiasi mondo o tempo si trovi avrebbe sempre lo stesso aspetto, come dice Juliette. Un punto fisso rassicurante e allo stesso tempo un ipocentro di scelte e cambiamenti sconvolgenti.
Anche i discorsi, un po’ come la storia, sono volatili, repentini, hanno un che di filosofico. Sono quei discorsi fatti di belle parole e bei pensieri, che lasciano quel pizzico di confusione mischiata a una sorta di riflessione.
È una storia necessariamente veloce, perché basta il minimo tremore e tutta la fantasia creata dalle parole della scrittrice rischierebbe di cadere, la magia dei libri citati e dei pensieri sfuggenti, sfilata maldestramente. Ma basta riprendere una frase e subito la storia si ricostruisce, le pareti di libri di Soliman si riformano, la saggezza della piccola Zaïde ci ricopre e le paure di Juliette ci fanno rispecchiare in lei.
L’abilità della scrittrice con le parole, la sua abilità nel creare “pensieri-farfalla” è un pregio di questo libro, riesce davvero a farci immergere in quest’angolo nascosto di Parigi, ma sfortunatamente non ci permette di affezionarci ai personaggi o di restare in quel luogo magico e pieno di speranza anche dopo aver concluso la lettura.
“Cosa succede a pagina 247?”
“A pagina 247 tutto sembra perduto. È il momento migliore, mi creda.”
“A pagina 247 tutto sembra perduto. È il momento migliore, mi creda.”
“La ragazza che leggeva nel metrò” è sicuramente un libro interessante, scritto benissimo, con quel tocco di filosofico dato dai discorsi astratti, ma oltre qualche ora con dei personaggi bizzarri e profondi, non lascia molto altro. E credo che questa sia la cosa che mi è dispiaciuta di più, non ottenere nulla da questo libro se non una lettura diversa dalle solite.
Credo che il problema sia nel fatto che non è abbastanza reale, è come se fosse una realtà nella realtà, quindi il lettore può immedesimarsi fino ad un certo punto, perché poi si rende conto che è troppo per essere credibile. E lo dice una che legge fantasy.
Per concludere, lo consiglio a chi vuole intraprendere una lettura diversa, veloce e non troppo pesante, con numerosi riferimenti letterari, un po’ volatile e a tratti poetica.
E poi ha una cover molto bella, elegante.
Baci
Voto: 3
0 comments