Il richiamo del corvo
Genere: Thriller storici
Autori: Wilbur Smith, Corban Addison
19 Novembre
Un'eredità rubata.
Un amore proibito.
Una sete di vendetta così bruciante
che potrebbe distruggere ogni cosa.
Figlio di un influente proprietario terriero della Virginia, Mungo St John ha sempre dato per scontati la ricchezza e il lusso in cui è vissuto grazie ai privilegi di cui godeva la sua famiglia. Finché non riceve la notizia che il padre è morto e, una volta tornato a casa dall'università, scopre che il subdolo Chester Marion, l’avvocato che da sempre si occupa delle proprietà dei St John, li ha mandati in rovina e si è appropriato con l'inganno della sua eredità e di tutto ciò che gli spetta di diritto. E come se non bastasse ha costretto Camilla, la giovane schiava di cui lui è innamorato da sempre, a diventare sua amante. Spinto dalla rabbia e dall'amore, Mungo giura di vendicarsi e da quel momento in poi dedica la propria esistenza a distruggere Marion… e a salvare Camilla.
Mentre lei, che in quanto schiava non ha modo di sottrarsi alle angherie del suo brutale padrone, deve piegarsi al proprio destino e imparare a sopravvivere come può, Mungo lotta contro ogni sorta di avversità, spinto dalla sete di vendetta e dalla volontà di riconquistare il proprio status.
Ma fino a che punto sarà disposto a spingersi per sopravvivere e ottenere ciò che desidera?
Ciao Lettori,
oggi proverò a scrivere di un libro che mi ha più volte lasciato senza parole e con lo stomaco contratto. Mi riferisco a “Il richiamo del Corvo”, ultima opera di Wilbur Smith con la collaborazione di Corban Addison. Il libro è edito dalla HarperCollins che ringrazio tantissimo per l'anteprima inviatami.
Prima di entrare nel vivo del libro voglio spendere due parole per lo scrittore, casomai qualcuno di voi non lo conoscesse... Wilbur Smith è un romanziere inglese di fama internazionale specializzato nella storia del Sud Africa e dell'Africa, di cui ha una consocenza quasi enciclopedica, ma senza stare a ripetere quanto potreste trovare in qualsiasi articolo che lo presenti, voglio raccontarvi la mia esperienza con i suoi libri. Ho letto per la prima volta Smith con “La spiaggia infuocata” e i successivi volumi del Ciclo dei Courtney d'Africa. Credo siano passati non meno di 20 anni e ancora ho impresse a fuoco nella mente le immagini della protagonista che incinta attraversa il deserto, o dei due piccoli indimenticabili boscimani che l'accolgono sotto la loro ala protettiva e che diventeranno la sua salvezza in molto più di un senso.
Questo dovrebbe farvi capire quanto siano impressionanti i suoi romanzi e che traccia indelebile lascino in chi li legge, anche senza essere appassionati del genere.
Potete quindi intuire con quale spirito mi sia avvicinata alla lettura di quest’ultimo romanzo dopo aver letto la sua trama, ero pronta a rimanere incollata al libro e anche questa volta le attese non sono state deluse.
Il romanzo rientra nella categoria narrativa di azione-avventura, ma aggiungerei anche l'appellativo storico perché ci offre uno spaccato spietato sulla storia dello schiavismo e della tratta degli schiavi nell'America della metà dell'ottocento.
È lo stesso Smith, nell'introduzione al romanzo, a raccontarci la genesi del libro.
Mungo St. John, uno dei personaggi principali della Saga dei Ballantyne, è uno dei caratteri più contraddittori di cui abbia mai scritto e, a distanza di quarant'anni dalla pubblicazione del primo libro di quella saga, ancora i suoi fan gli chiedevano di lui e della sua storia. Riprendendo il libro in cui Mungo appare per la prima volta, si è ritrovato ancora così tanto affascinato da quella figura da decidere di dedicargli un intero romanzo. Siamo quindi di fronte a uno degli spin off più a lungo attesi della storia della narrativa contemporanea, credo.
Il libro quindi ci racconterà la vita di Mungo St. John prima del Ciclo dei Ballantyne, prima di diventare ciò che è.
Mungo St. John nasce dal lato giusto della barricata. È l'unico figlio di un latifondista della Virginia, ma soprattutto è bianco. Non solo, suo padre, a differenza di tutti gli altri proprietari terrieri della Virginia, è quello che oggi potremmo definire un progressista riguardo agli schiavi. Per suo padre, gli schiavi di sua proprietà non sono bestie da soma da seviziare e torturare fino a vederli stramazzare al suolo per gli stenti, ma esseri umani sotto la sua tutela, sfruttati certamente come schiavi, sempre privi di libertà o volontà altra da quella del padrone, ma perlomeno non trattati come bestie da macello. Ha quindi una visione, potremmo dire, da Vie en rose sugli schiavi:
"Il lavoro è duro? Sì. I ricchi traggono profitto dalle fatiche altrui? Ancora sì. Ma non lasciatevi ingannare dalle fantasie di brutalità e violenza che vi vengono propinate. A Windemere mio padre dispone di quattrocento lavoratori e tiene a ognuno di loro. Quando lavorano bene li loda, quando si ammalano li cura, se muoiono li piange."
Cosa mai volere di più dalla vita, mi chiedo?
Il libro si apre poco prima che Mungo pronunci queste parole in un dibattito a Cambridge sulla necessità di abolire la schiavitù nel mondo. Ma proprio alla fine della serata in cui pronuncia queste fatidiche parole riceve un messaggio da casa che cambierà la sua vita per sempre. Rientrato in America lo attende un’amara sorpresa: suo padre è morto, le sue terre confiscate, gli schiavi che il padre aveva promesso di liberare dopo la sua morte spariti, ma dov'è Camilla?
Camilla è nata dalla parte sbagliata della barricata, dalla parte delle baracche degli schiavi. È però vissuta insieme a Mungo e i due sono profondamente innamorati. Quando Mungo torna e non la trova, la prima cosa che si promette è di ritrovarla. L'artefice della rovina della sua famiglia è Chester Marion, avvocato e uomo di fiducia di suo padre. La sera del suo ritorno Mungo scopre di non avere più nulla e di aver perduto Camilla per sempre. Disperato e ricercato, trova rifugio da suo nonno che lo fa fuggire su una nave diretta in Africa in partenza per l'indomani mattina. Mungo giura a se stesso di vendicarsi e inizia così il suo viaggio verso un'altra vita e il declino della sua anima: porterà a termine il suo intento? A quale prezzo?
Il libro prosegue su due linee parallele, la vita di Mungo votata alla vendetta e la vita di Camilla sottomessa alle brutalità di Marion che, per puro dispetto a Mungo, la farà diventare la sua amante.
Le due vite a un certo punto si incontreranno, ma avranno due volti e due anime completamente mutate.
Ho ridotto all'osso il riassunto della trama perché qualche altro pezzo verrà sicuramente fuori proseguendo con la recensione. Questo libro è freddo e spietato, questi due aggettivi racchiudono in loro l'essenza dell'intera narrazione. Freddo è il timbro della narrazione e la sua freddezza è usata come un'arma sull'anima del lettore perché fa da contraltare alle brutalità che vengono raccontate. Spietato è tutto ciò che accade nel libro, dal tradimento subito da Mungo, alle decisioni da lui prese per perseguire la sua vendetta; dalle persone che incontra sulla sua strada, alle pratiche schiaviste che ci vengono descritte minuziosamente:
"I rami legati al loro collo avevano causato loro piaghe che cominciavano a suppurare nella calura e su cui si ammassavano le mosche che i prigionieri, con le mani legate, non potevano fare nulla per scacciare."
In questo libro protagonisti non sono solo i personaggi e i loro destini. Protagonista è la tratta dei neri, attraverso il racconto delle pratiche di sequestro, tortura e compravendita degli schiavi in Africa, attraverso il racconto del loro aberrante viaggio verso l'America:
"Sentì l'odore dei recinti degli schiavi ancor prima di vederli. All'inizio fu solo un leggero tanfo di putrefazione trasportato dalla brezza, ma ben presto si accentuò finchè l'aria stessa non parve infettata dal marciume. Poi giunsero le grida, acute e palesemente umane, ma lui non avrebbe saputo dire se fossero emesse da uomini o donne. Guardò Sterling, 'Sono sotto attacco?', 'Disciplina mattutina... serve a tenere in riga i negri.'.
Protagonista è cosa significhi essere uno schiavo attraverso gli occhi di Camilla, bambina prima, adulta poi. A undici anni Camilla è fuori dalla sua tenuta per consegnare un messaggio, cinque ragazzini la circondano:
"Le furono addosso in un attimo. Alcuni la tennero ferma mentre altri la prendevano a calci e pugni. (...) Qualsiasi cosa loro facessero non doveva reagire, doveva sopportarlo. (...) Una ragazza nera che colpiva un ragazzo bianco era qualcosa di imperdonabile che avrebbe comportato un castigo brutale."
L'altro protagonista è il viaggio: il libro si estende in un arco temporale di circa 3 anni, arco di tempo in cui Mungo viaggia dall'America all'Africa, fermandosi nei posti più diversi, che Smith riesce a descrivere come se fossimo lì, in carne e ossa insieme a lui. Questa sua capacità di descrivere per immagini l'ho ritrovata solo in Gabriel Garcia Marquez, dove inCent'anni di solitudine” mi ha fatto passeggiare insieme per le strade di Macondo nelle ore più torride della siesta.
I personaggi principali sono Mungo e Camilla, perché, come vi anticipavo all'inizio, il racconto si alterna a un ritmo serrato tra la vita di Mungo e quella di lei, in parallelo e in contemporanea. Mi è piaciuto molto questo aspetto, è come se i due non perdessero mai le fila l'uno dell'altra e questo rafforzasse nel lettore il loro legame e il loro amore.
Chi è Mungo? Mungo è un personaggio straordinariamente complesso. Non è buono, non è cattivo. È brillante, intelligente, determinato. È un essere umano con i suoi pregi e i suoi difetti, il suo retaggio e le sue convinzioni. È figlio del suo tempo, non crede che lo schiavismo sia sbagliato, né lo ammanta di romanticismo. Gli schiavi ci sono, sono una realtà e tale deve rimanere. Non ha interesse a difendere i diritti dei neri, si limita a non maltrattarli. A modo suo, come il padre, è un progressista, non crede nell'inferiorità dei neri, tant'è che si innamora di Camilla e se le cose non fossero precipitate, avrebbe trovato il modo di sposarla, e dopo aver letto il libro, sono sicura che ci sarebbe riuscito.
A New Orleans è invitato a un ballo molto particolare, dove uomini bianchi e donne nere mascherati possono trascorrere la serata da eguali. Gli chiedono:
"Non lo ritenete contrario all'ordine natuale delle razze?"
"Non esiste nessun ordine naturale, soltanto regole che una razza si inventa per costringere l'altra a servirla."
Ciò che può davvero farci capire il personaggio è semplicemente questo: Mungo è il tipo di persona che una volta stabilito l'obiettivo da raggiungere non si fa ostacolare da nulla. Come una macchina, da A a B in linea retta e non importa a quali condizioni, l'obiettivo deve essere raggiunto. Di fronte a una scelta, la domanda è sempre la stessa, quale decisione mi avvicinerà all'ottenere vendetta? Omicidio, tratta degli schiavi, furto, caccia di frodo agli elefanti, devastazione di un'intera città...
Mungo è perfettamente consapevole delle implicazioni morali delle sue scelte, ma decide di sradicarsi l'anima dal corpo per silenziare i suoi dubbi e procede dritto come un caterpillar verso la meta. Non diventa disumano, per essere disumani ci si deve portare dietro un carico di odio che lui non prova verso tutti, è diretto solo verso il suo detrattore, tutti gli altri sono danni collaterali, come le vittime di una guerra.
Tutt'altra storia è Camilla, lei non si sdradica l'anima, gliela sradica Marion a forza di stupri e soprusi. Anche Camilla è un personaggio straordinario e complesso, nient'affatto melodrammatico nonostante le violenze subite, quindi non aspettatevi scene corali di pianti e stridore di denti. Mentre è dolorosamente minuzioso nella descrizione delle condizioni dei neri, le torture subite da Camilla Wilbur Smith le accenna e basta, ma non sono meno pesanti da digerire, anzi sono ancora peggiori, perché Camilla le subisce, si alza e va avanti, come nulla fosse e non perché non ne sia devastata, ma perché sa che le alternative sarebbero peggiori della morte. A seguito delle violenze carnali resta incinta di Marion e invece di disprezzare quella vita instillata dentro di lei con la brutalità, la ama come un dono. Il bambino sarà la sua salvezza, Marion ne è felice e le consente di portare avanti la gravidanza, ma la sua felicità è presto spezzata perché Marion la allontana dal bambino per crescerlo come un bianco e la trasferisce a New Orleans, dove verrà spesso concessa a conoscenti e affiliati di Marion. Nonostante il dolore della separazione e le ulteriori vessazioni, Camilla fa di tutto per non essere estromessa dalla vita del bambino e diventa un utile strumento per gli affari di Marion. Se Mungo è Determinazione, Camilla è Fortezza, è Dignità. È il tipico fiore che resiste e fiorisce anche nel deserto, la bellezza con il nulla intorno. Mentre leggi della vita di Camilla quasi non ti rendi conto di quanta forza sia necessaria per vivere come vive lei, ma ti entra sotto pelle e ti ritrovi a pensare non tanto alle immagini degli schiavi stipati e legati nelle stive delle navi negriere, ma a Camilla che vive con la consapevolezza che Marion non la uccide o abbandona nelle mani dei suoi scagnozzi solo finché gli sarà utile come sollazzo per i suoi accoliti.
Potrei scrivere e scrivere di questo libro, degli altri suoi magnifici personaggi, della magnificenza della storia in sé; sono passati tre giorni da quando l'ho finito e ancora ho il mal di testa per quanto mi abbia scossa, ma diventerebbe un tema infinito.
Il libro va letto, punto.
Naturalmente, parlando di uno scrittore del calibro di Wilbur Smith neanche mi soffermo sulla maestria dello stile e della prosa e dell'eleganza della traduzione.
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