Il grande libro dei racconti di Sherlock Holmes: Dal Canone agli apocrifi
Genere: Apocrifi
A cura di: Otto Penzler
27 Ottobre
Il più grande investigatore di tutti i tempi vide la luce dalla penna di Sir Arthur Conan Doyle nel 1887 ed è stato protagonista di quattro romanzi e oltre 50 racconti, che non sono bastati a narrarne tutte le vicende. Quella lacuna viene colmata da altri scrittori tutti di grande calibro che si sono cimentati con il personaggio da cui è nata la letteratura poliziesca. Da Neil Gaiman a Stephen King, passando per Anne Perry, Antony Burgess e molti altri, sono in tanti ad aver voluto regalare nuove vite all'investigatore di Baker Street. I loro racconti sono riuniti in questo volume.
Dal Canone agli apocrifi
Salve lettori!
Quanto ci ha reso felici la Mondadori pubblicando un “Drago” interamente dedicato agli apocrifi di Sherlock Holmes?
Io stavo saltando dall’emozione, non scherzo.
Quando si parla di lui mi metto subito sull’attenti e la mia eccitazione vola alle stelle. Sono particolarmente legata a questo personaggio, tanto da avergli dedicato la mia tesi di laurea, per questo motivo sono felicissima, non solo di parlarvi di alcuni racconti presenti nella raccolta “Il grande libro dei racconti di Sherlock Holmes” curato da Otto Penzler, ma anche di lasciarvi un piccolo approfondimento che ci tengo tantissimo a scrivere.
Quanto ci ha reso felici la Mondadori pubblicando un “Drago” interamente dedicato agli apocrifi di Sherlock Holmes?
Io stavo saltando dall’emozione, non scherzo.
Quando si parla di lui mi metto subito sull’attenti e la mia eccitazione vola alle stelle. Sono particolarmente legata a questo personaggio, tanto da avergli dedicato la mia tesi di laurea, per questo motivo sono felicissima, non solo di parlarvi di alcuni racconti presenti nella raccolta “Il grande libro dei racconti di Sherlock Holmes” curato da Otto Penzler, ma anche di lasciarvi un piccolo approfondimento che ci tengo tantissimo a scrivere.
“Un centinaio di anni fa, Sherlock Holmes era considerato una delle tre persone più famose mai vissute. Le altre due erano Gesù Cristo e Houdini.
C’è chi dice che in realtà fosse un personaggio immaginario, ma si tratta ovviamente di un’assurdità. Qualsiasi scolaretto conosce il suo aspetto, sa come si guadagna da vivere e quasi tutti sono al corrente di molte sue caratteristiche peculiari.”
C’è chi dice che in realtà fosse un personaggio immaginario, ma si tratta ovviamente di un’assurdità. Qualsiasi scolaretto conosce il suo aspetto, sa come si guadagna da vivere e quasi tutti sono al corrente di molte sue caratteristiche peculiari.”
In occasione dell’evento vi parlerò nel dettaglio dei cinque racconti che mi sono stati assegnati, che ho letto insieme all’accuratissima introduzione di Otto Penzler, il quale ha riassunto perfettamente il rapporto tra Sir Arthur Conan Doyle e il suo personaggio, e l’intervista allo scrittore sulla rivista “Tit-Bits”, che avevo già avuto occasione di leggere e che, a mio parere, trasmette perfettamente i sentimenti di Doyle.
Prima di poter parlare degli apocrifi, però, dobbiamo tornare un attimo al punto di partenza, il Canone, e soffermarci su un’attività che sconvolse il mondo della letteratura: il Grande Gioco.
Con il termine Canone ci si riferisce ai cinquantasei racconti e quattro romanzi scritti da Sir Arthur Conan Doyle, quindi i testi originali che per gli studiosi sono quasi una Bibbia.
Vi siete mai chiesti come mai nacque il bisogno di dare un nome, anzi di canonizzare gli scritti di Conan Doyle dedicati a Sherlock Holmes?
Forse non tutti sanno che Conan Doyle odiava Sherlock Holmes, per diversi motivi. Le storie dell’investigatore avevano avuto così tanto successo che lo scrittore era sommerso dalle richieste degli editori di scriverne altre, sempre di più, nonostante i compensi assurdi richiesti. Dovendosi dedicare a Holmes, non poteva scrivere i romanzi storici che tanto amava e che riteneva i suoi lavori più elevati, anche se non ebbero il successo sperato, anzi credo che in pochi sappiano che l’autore si dedicò ad altri generi. Inoltre, Doyle economicamente dipendeva praticamente da Sherlock, quindi, nonostante tentasse di allontanarsene in ogni modo, doveva necessariamente tornare da lui. Potete ben immaginare il fastidio che lo scrittore provava verso la sua creazione letteraria, a volte più reale di lui per i lettori, sentimento che lo portò a compiere due azioni: tentare di liberarsene (il nome Reichenbach dovrebbe far suonare qualche campanello) e lasciare un sacco di buchi di trama.
Non sappiamo dov’è nato Sherlock, chi sono i suoi genitori, chi è stato il suo istitutore, che influenza ha avuto su di lui, quale università ha frequentato, che tipo di studi ha affrontato, e così via. A causa delle incongruenze, delle notizie abbandonate e delle informazioni mai date, nacque l’esigenza dei lettori di colmare i vuoti che Doyle non si preoccupò mai di riempire.
Numerosi lettori e appassionati si cimentarono nella scrittura di racconti, e non solo! Non potete immaginare quanti saggi e studi accademici amatoriali siano stati scritti per dare risposta ai dilemmi esposti sopra. Ci sono interi libri di teorie sul luogo di nascita di Sherlock o dell’università frequentata basati sulla conoscenza (o meno) dell’investigatore, di alcuni luoghi e dei suoi commenti. Leggerli è allo stesso tempo illuminante e leggermente sconcertante.
In ogni caso, dato il grande numero di storie che stavano sbocciando con protagonista Sherlock Holmes, fu necessario tracciare una linea distinta tra gli originali e le “imitazioni”.
La soluzione fu trovata nel 1911, quando Monsignor Ronald A. Knox, in un saggio in cui metteva in evidenza le incongruenze nelle storie di Doyle, utilizzò la parola Canone.
A Knox si deve anche l’inizio del Grande Gioco, ossia la pratica di approfondire, studiare, risolvere, introdurre informazioni, tutte, ovviamente, con protagonista Sherlock Holmes.
Alcuni partecipavano con la consapevolezza che Holmes e Watson fossero un’opera di fantasia, altri, invece, erano convinti che l’investigatore e il suo assistente fossero persone reali e che Doyle fosse solamente l’editore del dottore! (Riuscite a comprendere meglio l’odio di Doyle?)
In “Una serata con Sherlock Holmes” di James Matthew Barrie questa convinzione viene ripresa e utilizzata in modo estremamente ironico. Barrie, infatti, finge di essere stato invitato a casa di Conan Doyle e che lì era presente anche Sherlock Holmes, da cui Barrie non è affatto colpito, anzi inizia una serie di botta e risposta sarcastici e snervanti (almeno per uno degli invitati). Il racconto è molto breve e divertente, una parodia che ha colto nel segno.
Insomma, tutti potevano giocare, per questo fu necessario stabilire delle regole.
La prima fu specificare che tutti questi scritti non avrebbero fatto parte del Canone, ma sarebbero stati, appunto, apocrifi, testi amatoriali che lo avrebbero arricchito, ma non allargato.
Successivamente si passò ai criteri da rispettare affinché un apocrifo venisse considerato tale: il pretesto di trama per iniziare la storia doveva essere il baule pieno degli appunti di Watson dei casi ancora da raccontare conservato nel caveau di una banca di cui parla in “Il problema del Thor Bridge”, o il Grande Iato, cioè il periodo che va dalla caduta dalle cascate di Reichenbach al suo ritorno, di cui Doyle non ha mai scritto.
E.F. Benson e Eustace H. Miles approfittano proprio del Grande Iato per il loro pastiche “Il ritorno di Sherlock Hokmes”. Sono passati due anni dalla sua scomparsa e Watson sta rileggendo i suoi appunti, pentendosi di aver annunciato la sua morte (avrebbe potuto riciclare i vecchi casi e continuare a guadagnarci), quando arriva una vecchia signora e, inaspettatamente, il dottore decide di fingersi Sherlock. Credo si possa immaginare dove porti la storia, ma ovviamente non dico nulla perché anche questa non è lunghissima. Mi ha fatto molto ridere, soprattutto il riferimento alla moglie sempre assente di Watson (ho apprezzato tantissimo la battuta) e i dialoghi leggermente piccati!
Ci sono anche delle norme stilistiche da rispettare, ad esempio: il racconto deve essere scritto nello stile di Watson e non deve mai cadere in contraddizione con il Canone, il carattere dei personaggi deve essere coerente, così come deve esserci coerenza con la realtà storica. Non so se ci avete mai fatto caso, ma molti racconti del Canone iniziano con la descrizione di Watson del tempo, della stagione corrente e di come influisce sulla città, mentre lui e Holmes, ovviamente, sono nel loro salotto al 221B di Baker Street.
In “Una serata con Sherlock Holmes” di William O. Fuller Watson racconta che:
“Era una mattina nebbiosa di pioggia all’inizio dell’estate, quando le strade di Londra fanno di tutto per rendersi particolarmente sgradevoli, con i marciapiedi scivolosi per il fango e le tetre facciate degli edifici avvolte da una insistente malinconia.”
Il resto del racconto è un’avventura alla Holmes, con due americani disperati per la perdita di un oggetto di estremo valore che, dopo varie peripezie, ovviamente Holmes riesce a recuperare sotto gli sguardi stupiti di tutti, Watson compreso. Questo è il racconto che mi è piaciuto di meno tra quelli che ho letto, un po’ noioso, forse proprio perché voleva essere molto simile agli originali.
Anche Anne Perry, autrice di “Ostaggio della sorte”, fa un riferimento al clima per iniziare il suo apocrifo:
“Holmes e io eravamo appena tornati al 221B di Baker Street dopo una camminata veloce nel più gradevole clima primaverile.”
Anche in questo caso nell’appartamento si presenta un uomo disperato per la sparizione di sua figlia, che porta ad un’indagine con colpi di scena e troppi buoni sentimenti. Non è male, ma poco credibile: Sherlock non si lascerebbe mai impietosire da un po’ di lacrime e… non posso dirlo perché sarebbe un po’ spoiler, ma diciamo che, almeno nei racconti di cui vi sto parlando, sono stati tutti molto gentili con Watson.
Scrivere apocrifi, quindi, non è un passatempo facile, ma un esercizio arduo dal punto di vista creativo e intellettuale, perché l’autore non deve mai dimenticarsi dell’esistenza dell’autore e delle opere primarie che si devono sempre rispettare.
Alcuni hanno anche deciso di far incontrare Holmes e altre figure della letteratura, in questo caso Julian Symons ha optato per un altro investigatore molto famoso, Hercule Poirot, in “Ma Sherlock Holmes incontrò davvero Hercule…?”. Questo racconto è interessante perché Symons, in una sorta di premessa, cita esplicitamente il baule dei casi e avverte il lettore che il racconto non è completo, quindi si può ipotizzare che Holmes incontrò Hercule, ma non possiamo avere la certezza che sia autentico. Non ho mai letto le storie che vedono come protagonista Poirot, quindi non posso sapere se il suo personaggio è stato rappresentato in modo fedele, ma, per quanto riguarda Holmes, mi è piaciuto molto. È fedele sin dalle prime frasi, che parlano della reticenza di Sherlock a far raccontare alcuni casi, al mistero che potrebbe causare una crisi internazionale, fino alla risoluzione in perfetto stile holmesiano.
Penso che mi godrò questo volume un apocrifo alla volta (a meno che non siano molto brevi!), sono davvero curiosa di scoprire tutti questi autori (molti anche autorevoli) come se la sono cavata alla presenza del più grande investigatore di tutti i tempi, il suo assistente e il suo editore… ops, il suo creatore!
“Il grande libro dei racconti di Sherlock Holmes” raccoglie tantissimi apocrifi, che Otto Penzler divide per categorie. La sua suddivisione viene anche spiegata, così come vengono presentati gli autori prima di ogni racconto, così da avere un’idea dei lavori loro precedenti e del loro rapporto con il detective. All’interno, quindi, posso assicurarvi che è curatissimo e ordinato. Dal punto di vista estetico sono sicura che la Mondadori avrà fatto un lavoro eccellente come al solito, ma devo attendere per potermi esprimere.
In ogni caso non li ringrazierò mai abbastanza per questo regalo! Non posso farci niente, tornare al 221B di Baker Street per me è sempre un’emozione incredibile perché, citando Otto Penzler:
“Sherlock Holmes è stato di certo un fidato e degno compagno per la maggior parte della mia esistenza.”
Spero che le mie parole vi abbiano incuriosito abbastanza da compiere questo viaggio a Londra ancora una volta.
Baci
Voto - 5
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